Mattarella, il faro è la Costituzione

Mattarella, il faro è la Costituzione

di Paolo Micheletto

Vicino ai valori della Costituzione e alla sua difesa. Ma con una costante attenzione al governo e alle riforme. Sergio Mattarella, con il suo discorso alla Camera dei deputati, ha anticipato la cifra di quello che sarà il suo settennato della presidenza della Repubblica.

Mattarella sarà il difensore della Carta e dei valori della Patria ma non «neutro» sul piano dell’esecutivo. Il neo Capo dello Stato, infatti, ieri mattina è entrato con decisione nella contesa politica, richiamando Renzi ma anche gli altri leader (mai nominati, naturalmente) a non sottrarsi al bisogno di rinnovare l’Italia.

Ha fatto quindi impressione l’alternarsi - nel discorso del successore di Giorgio Napolitano - tra cosa significhi «garantire» la Costituzione e cosa serva al Paese per uscire dalla crisi. Ad iniziare dalle riforme: Mattarella ha ricordato che il Parlamento è al lavoro per rivedere la seconda parte della Costituzione e ha ribadito che il difficile cammino non si deve fermare: «Desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento». Lo stesso appello è quindi arrivato per la legge elettorale: anche in questo caso, Mattarella spingerà per l’approvazione definitiva.

Insomma, forse una sorpresa per chi non conosce il personaggio e si aspettava un atteggiamento rassegnato e niente affatto calato nella realtà del Paese. Certo, più volte Mattarella ha voluto ribadire di voler essere fedele alle prerogative di «arbitro», ma in tale veste prenderà tutte le decisioni che riterrà opportune. Ha spiegato: «All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere - e sarà - imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza».

In linea generale, un discorso di grande respiro, scritto da un uomo che è «un impasto di mitezza e di tenacia, di equilibrio e di rigore, di sobrietà e di duttilità», come ha sottolineato il senatore del Pd Miguel Gotor. Un intervento con il quale Mattarella ha pure cercato di mostrarsi vicino - quasi affettuoso, pur nei suoi modi - agli italiani e alle loro paure. Molti i riferimenti ai giovani, alle nuove povertà, alla crisi sociale che non molla la presa: «Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi». Ecco perché - ha spiegato Mattarella - le istituzioni devono mostrare un cambio di passo, «per uscire dalla crisi», per recuperare un minimo di fiducia della gente, per aiutare gli italiani. In questo caso il presidente non è entrato nello specifico delle politiche di governo ma ha sottolineato che il futuro del Paese si misura dalla «garanzia» della Costituzione, il che significa aiutare i giovani, promuovere la cultura e la ricerca, amare i nostri tesori ambientali e artistici, sostenere le famiglie e tanto altro. È stato forse questo il passaggio più «alto» del discorso di insediamento, quasi a ribadire che gli italiani non devono farsi vincere dall’angoscia ma farsi guidare da un insieme di valori condivisi, basati sulla Resistenza, sulla libertà, sui diritti civili.

E poi, quasi a voler umanizzare le istituzioni, Mattarella ha usato la metafora del «volto della Repubblica» che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo. Insomma, chi fa il proprio dovere lo fa per se stesso, per gli altri, per l’Italia.
Scorrendo le agenzie di stampa e i social network si contano decine e decine di commenti favorevoli al presidente Sergio Mattarella (Berlusconi si lascia andare a modo suo: «Non lo conosco ma mi sembra una brava persona. Ha una bella immagine con i suoi capelli bianchi»). Tutti complimenti meritati per quanto il capo dello Stato è entrato nella profondità della crisi italiana e per il suo desiderio di tracciare la strada per uscirne.

Certo che in Trentino Alto Adige non si può tacere il fatto che Mattarella non abbia fatto alcun riferimento alle autonomie (tantomeno quelle speciali) e agli enti locali. Nessun dubbio sul fatto che Mattarella conosca le particolarità della nostra autonomia «specialissima» e che non ammetterà che si vada oltre i limiti imposti dalla Costituzione e dallo Statuto di autonomia. Ma questa carenza va pur sempre sottolineata. Del resto, il richiamo alla riforma costituzionale portata avanti dal governo è stato chiarissimo e forse il capo dello Stato non ha voluto fare riferimenti a realtà - come molte regioni d’Italia o al comune di Roma - che negli ultimi anni hanno portato solo elementi negativi alla loro immagine. Spetta al Trentino dimostrare anche al capo dello Stato che qui si governa e si spendono i denari in modo diverso, e che le radici dell’autonomia sono solide.

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