Più efficienza e trasparenza
Università: il programma di Stefano Zambelli
Come molti lettori sapranno, sono uno dei due Candidati alla posizione di Rettore dell'Università di Trento. Il Rettore della nostra Università è eletto dalle diverse componenti che formano la Comunità universitaria. Lo Statuto dell'Università di Trento prevede che la candidatura sia accompagnata da una proposta, da un programma elettorale che delinei un piano strategico (il mio programma è disponibile qui). La comunità universitaria trentina è composta da circa 2.400 persone che lavorano e percepiscono un reddito (dottorandi, ricercatori, personale tecnico e amministrativo, ricercatori e professori) e da circa 17.000 studenti. È una comunità composta da circa 20.000 persone. Questi numeri da soli danno l'idea dell'importanza del ruolo del Rettore, che resterà in carica per ben 6 anni.
L'università, però, non è un'azienda, è un'istituzione pubblica, un'impresa collettiva radicata nel territorio. La sua comunità di riferimento è, prima di tutto, la comunità trentina. Non solo perché da decenni l'Università di Trento contribuisce alla formazione culturale e professionale dei suoi giovani, ma anche perché concorre allo sviluppo del territorio mediante la diffusione delle conoscenze, il trasferimento tecnologico, la formazione continua, il supporto tecnico e i modelli teorici per capire e modificare la realtà. L'Università di Trento è una buona università e molti trentini ne vanno orgogliosi; ha raggiunto livelli di eccellenza a livello nazionale e internazionale e, per la qualità dell'offerta didattica e l'impatto della produzione scientifica, gode di un consolidato prestigio. Tutto questo grazie a politiche lungimiranti del passato. Politiche che hanno visto coinvolte figure autorevoli che hanno creduto nell'Università, a partire Kessler fino ad arrivare a Dellai, e che hanno messo le basi per la crescita dell'Università, collaborando con i diversi Rettori, sia con chi proponeva visioni strategiche e progetti innovativi, sia con chi garantiva continuità e maggiore cautela gestionale.
L'Università di Trento ha raggiunto l'attuale livello di eccellenza anche grazie al contributo aggiuntivo delle risorse provinciali. Per la comunità trentina, l'impegno sull'università ha, ovviamente, comportato grossi investimenti economici. Allocare risorse pubbliche su un settore implica necessariamente allocarne meno in altri settori di uguale interesse. In genere, gli investimenti sono buoni se il ritorno che ne deriva è superiore allo sforzo iniziale effettuato. Nel caso dell'Università i costi economici sono facilmente calcolabili, mentre, a parte il trasferimento della conoscenza al mondo della produzione e dei servizi (agricoltura, industria, sistema delle cooperative, distribuzione, scuola e così via), è praticamente impossibile effettuare un calcolo economico del valore del sapere, che è prodotto sia mediante l'attività di ricerca e i suoi risultati di immediata applicazione o di alto impatto teorico, sia attraverso la formazione di professionisti e intellettuali che rappresentano il capitale umano su cui contare nel futuro.
L'Università è spesso criticata perché, si sostiene, a fronte di investimenti ingenti da parte del territorio (investimenti pubblici e privati), restituisce molto poco. Non entro in polemica su questa questione. Riconosco invece che, quale che sia la valutazione di quanto fatto in passato, l'Università può e deve fare molto di più. Le parole chiave del mio programma sono efficienza, partecipazione e trasparenza. Credo che l'università debba imboccare una nuova strada, abbandonando assetti organizzativi obsoleti e assumendosi ogni responsabilità. Per offrire un utile contributo al territorio, non sono sufficienti i rapporti individuali che portano a consulenze private, attività in conto terzi e incarichi in enti e fondazioni. Ora è necessario un impegno collettivo, coordinato e direttamente guidato dagli organi dell'ateneo. L'Università dovrà fare un uso migliore delle proprie risorse umane, partendo dalla riorganizzazione del personale tecnico e amministrativo fino ad orientare l'uso delle proprie competenze ed eccellenze verso il servizio pubblico.
La crisi economica non permette sprechi e nei prossimi anni le risorse a disposizione del territorio, e quindi anche dell'Università, saranno necessariamente in calo. Per questo motivo, dobbiamo tutti, Provincia e Università, ma anche le altre realtà territoriali, fare uno sforzo comune per aumentare l'efficienza del sistema. Questa è l'unica strada da seguire. In assenza di un incremento delle risorse, i livelli di qualità raggiunti possono essere mantenuti solo aumentando l'efficienza, riducendo gli sprechi e ponendo insieme le basi per una futura crescita solida e duratura.
Non entro nei dettagli tecnici, vorrei però sottolineare che partecipazione, trasparenza e condivisione sono parole chiave del mio programma. L'Università dovrà essere trasparente al suo interno, ma anche verso l'esterno; dovrà rendere visibili e condivisibili le sue discussioni, le sue scelte, le sue conoscenze. Questo permetterà agli organi di governo di riflettere, eventualmente rivedere le proprie decisioni e, soprattutto, fornire spiegazioni pubbliche delle proprie decisioni. Partecipazione e coinvolgimento per me vogliono dire utilizzare, mi viene da dire anche «sfruttare», le capacità di tutti e tutte. E nell'Ateneo e nel nostro territorio c'è molta ricchezza umana da utilizzare. Nel programma propongo i tavoli del confronto con il territorio, che è uno dei modi per rendere operativi concetti che potrebbero apparire astratti. Questo è un impegno che prendo di fronte a tutta la comunità trentina. Anche su questo, qualora eletto, potrò essere giudicato. Trasparenza vuol dire anche sottoporsi al giudizio della collettività.
Università e istituzioni del territorio devono collaborare per poter crescere, devono riconoscere che tutti hanno bisogno del rapporto con gli altri. Il territorio può beneficiare del contributo tecnico dell'accademia, dei suoi strumenti e delle sue proposte, per innovare, aggiornare, sperimentare. L'Università ha bisogno della comunità trentina per ricevere risorse, sollecitazioni, progetti, occasioni di confronto, sfide culturali. Gli universitari devono riconoscere l'importanza della ricerca applicata e dell'aggiornamento continuo di lavoratori e professionisti e mettere a disposizione le loro competenze, abbandonando le tentazioni di chiusura autoreferenziale e vana indifferenza. Il territorio e i suoi rappresentanti devono capire che anche la ricerca di base e la formazione dei giovani portano vantaggi considerevoli, anche immediatamente apprezzabili in termini di immagine e attrattività, riconoscendo l'Università e i tanti suoi studenti e professori che vengono da altre regioni e altre nazioni come parte di un'unica comunità trentina.
Una collaborazione più stretta con la Provincia deve diventare un obiettivo e una straordinaria opportunità per l'Università. Questo però richiede che Provincia e Università riconoscano e rispettino, l'una all'altra, l'autonomia che è necessario praticare e l'autorevolezza che bisogna sapere esprimere. Se sarò Rettore dell'Università di Trento manterrò sempre fede all'impegno di garantire e rispettare l'autonomia e l'autorevolezza delle istituzioni pubbliche. Anche su questo dovrò essere giudicato.