Fondazione Caritro e Università, rapporto forte

Fondazione Caritro e Università, rapporto forte

di Franco De Battaglia

Mi preme ribadire la necessità che le vicende della Fondazione Caritro siano discusse a livello della comunità trentina e non nel chiuso di palazzo Calepini, in quanto la mancata definizione di alcuni nodi strategici può portare al suo rapido declino.

Gianni Benedetti - Trento


Gianni Benedetti, già presidente degli artigiani, con responsabilità di importanti istituti finanziari (fra cui, fino a poco fa nella stessa Caritro) ha fatto bene, ancora nei primi giorni di aprile, a richiamare l'attenzione sulla Fondazione Cassa di Risparmio, in questa fase di grandi mutamenti (nell'autonomia, nella classe dirigente, nel mondo bancario, nella cooperazione) con scosse che rischiano di tradursi in conflittualità interne destabilizzanti per lo stesso «sistema Trentino». Occorre ritrovare uno stile condiviso, che può nascere solo da obiettivi condivisi.

Per quanto riguarda la Fondazione, Benedetti aveva aperto una forte polemica, basata essenzialmente su un'accusa di conflitto di interessi a proposito della nomina di Michele Iori a presidente del Consiglio di Gestione e della presenza di rappresentanti dell'Università di Trento nel Comitato di Indirizzo (saggiamente la Fondazione ha mantenuto un sistema di dirigenza duale, proprio per evitare «governance» apparentemente «manageriali», ma in realtà prive di contrappesi, visioni articolate, bilanciamenti).

I dubbi su Iori formalmente sono stati sanati da un recente «parere» ministeriale, ma non è questo il punto, bensì il fatto che dopo settimane di confronto, interventi sui media, dimissioni anche vistose, Iori sia stato rieletto con una maggioranza pressoché totale, più forte di quella su cui poteva contare «prima». Egli, infatti, ha avuto 14 voti favorevoli, due astensioni e un voto contrario. Essere eletti in modo così massiccio non significa certo avere automaticamente ragione, ma fa riflettere. Iori aveva impostato le dichiarazioni programmatiche della sua presidenza sull'impegno a dimostrarsi imparziale nei confronti di tutte le istituzioni finanziarie verso le quali la Fondazione dirige i suoi investimenti e il suo sostegno (è fra i compiti statutari anche sostenere le presenze economiche locali o collegate).

Che significa? In passato, da alcune parti non erano mancati rilievi su una certa presunta propensione verso aspetti della cosiddetta «finanza cattolica»? La crisi ha reso la concorrenza finanziaria più agguerrita, l'uscita di scena di protagonisti prestigiosi (Bazoli, ad esempio) ha mutato il clima di riferimento, tutto l'ambiente finanziario è in fibrillazione, ma il voto a Iori forse suggerisce che una maggior compostezza nel confronto interno avrebbe condotto a soluzioni più costruttive. Più ancora che in altre realtà (in politica ad esempio!) nella Fondazione lo stile è sostanza, perché la Fondazione (che deriva dalla storica Cassa di Risparmio, di cui ha raccolto il patrimonio e l'eredità) non esprime gruppi di «azionisti» con i loro interessi diretti (Comuni di Trento e Rovereto, Provincia, Camera di Commercio) ma le esigenze di cittadini e risparmiatori, di comunità e lavoro che lungo un secolo e mezzo hanno visto nella Cassa ben più di una banca, ma uno strumento di sviluppo e di crescita civile. È un passaggio su cui meditare.

Il Comitato di Indirizzo e il Consiglio di Gestione non sono i portavoce di interessi particolari o «lobby». Sono, senza vincolo di mandato, gli interpreti, la «camera di compensazione» di un disegno sul Trentino, sulle sue esigenze verso il futuro. In questo contesto si apre la questione dell'Università, che non è di oggi. C'è sempre stato nel Trentino, fra i rigurgiti profondi e meno gradevoli che pur non mancano in questa terra, una sorta di «partito» antiuniversità, diffidente verso una realtà «universale nel locale», o animato da una visione riduttiva, una risorsa da cui attingere, non su cui investire: «Sì, fa girare un po' i soldi nel commercio, incentiva il mercato degli appartamenti agli studenti...».

Ma non si tiene conto che l'Università è stata invece l'investimento più lungimirante e produttivo per il Trentino, che se non ci fosse la sua vitalità giovanile e studentesca anche le capacità attrattive di Muse, Mart, vie e piazze decadrebbero, come l'«appetibilità» del territorio verso insediamenti industriali e tecnologici (termine usato da Mario Marangoni ancora al «Meeting per lo Sviluppo» nel 1987). I livelli di qualità raggiunti solo in pochi anni sono poi eccezionali. Essere classificata fra le prime cento università d'Europa da una prestigiosa istituzione come la «Times Higher Education» (THE) al terzo posto in Italia, fra le prime «piccole» giovani università al mondo, consente di avere buone carte in mano di fronte a un futuro incerto, ma impone di non abbassare la guardia. Questo risultato è stato raggiunto grazie alla lungimiranza delle scelte politiche e alle risorse della Provincia, ma anche all'impegno, alla passione dei suoi docenti, che non solo si sono prodigati per il Trentino, ma hanno amato questa terra, e la amano (non usiamo questo termine con leggerezza) spesso più degli stessi trentini. Ne hanno capito l'identità, che non a caso hanno voluto collegare all'universalità della comunità scientifica internazionale, perché competenze e contatti in grado di dialogare con il mondo, ne valorizzassero le specificità (natura, paesaggio, solidarietà cooperativa, ruolo ponte con il mondo germanico?).

È impossibile citare tutti (anche i docenti trentini, naturalmente!) ma alcuni nomi vanno pur ricordati, e pensiamo a Paolo Prodi, a Pierangelo Schiera, a Fulvio Zuelli, Diego Quaglioni, a Massimo Egidi, a Fabio Ferrari ? Anche per questo l'Università, nel 1992 quando è nata la Fondazione, quando consapevolmente si staccò del tutto dal mondo bancario per opera di un altro Prof. (trentino questa volta!) Giovanni Pegoretti (le polemiche furono tante allora, oggi guardando il panorama bancario italiano se ne può certo apprezzare la preveggenza) venne chiamata a completare gli «stakeholder» della vecchia Cassa di Risparmio. E certo che la Fondazione deve sostenere l'Università e gli altri enti di ricerca che danno valore aggiunto all'autonomia trentina! Quanto alle erogazioni pluriennali per Scienza della Formazione a Rovereto, la facoltà fu la città di Rovereto a volerla, non certo l'ateneo.

C'è un'ultima cosa da dire: nel 1992 il «sistema trentino» andava in pezzi, tutti lo ricordano. Crollavano i partiti tradizionali, la vecchia classe dirigente economica di nomina politica era delegittimata, il ciclone di «mani pulite» travolgeva anche le credibilità istituzionali: l'Università - gran merito va alla saggia prudenza dell'allora rettore Fulvio Zuelli - rimase integra in quella tempesta e «prestò» i suoi uomini alle istituzioni trentine. Fece da «levatrice» alla nascita della Fondazione. Sempre poi la sua presenza non solo è stata utile, ma doverosa, ispirando soluzioni e visioni. Confermando che l'Università «è» Trentino.

fdebattaglia@katamail.com

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