E ora si passi al Terzo Statuto
E ora si passi al Terzo Statuto
L'intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Pieve Tesino, giovedì scorso alla commemorazione di De Gasperi, ha posto in maniera autorevole e al più alto livello istituzionale il quadro («frame» per dirla secondo le parole dell'Accordo De Gasperi-Gruber) entro cui dar vita al Terzo Statuto dell'Autonomia del Trentino Alto Adige. Il forte riconoscimento alle autonomie speciali di questa terra da parte del Capo dello Stato e il sostegno al loro ruolo «costitutivo» dentro la Repubblica unitaria garantendo la convivenza pacifica delle diversità etniche e linguistiche e la collaborazione transfrontaliera («motivo di orgoglio per la democrazia italiana», l'ha definito Mattarella), costituiscono la base solida e condivisa su cui costruire il nuovo Statuto.
È un passaggio necessario e obbligato rivedere la Grundgesezt della nostra Autonomia, di fronte ai cambiamenti avvenuti in questi quasi 45 anni anni dal precedente Statuto, tenendo conto dell'evoluzione vissuta dalle autonomie speciali e del cambiamento dei rapporti stato centrale - territori, ridefinendo ruoli, responsabilità, competenze economico-finanziarie e diritti-doveri di autogoverno ma anche di solidarietà nazionale. La revisione dello Statuto è poi un corollario fondamentale che scaturisce dalla riforma costituzionale approvata dal Parlamento (e oggetto di referendum popolare in autunno), la quale rinvia l'evoluzione degli ordinamenti speciali a modifiche statutarie, con la duplice garanzia accordata al Trentino Alto Adige della «clausola di salvaguardia» (nessuna prerogativa viene modificata d'imperio da parte del governo centrale, ma solo attraverso nuovo Statuto), e soprattutto con il «principio d'intesa».
Si tratta di una blindatura dell'Autonomia, garantita dalla riforma Boschi, che fino a oggi non esisteva. È la prima volta che nella Costituzione italiana entra il principio d'«intesa» nella revisione degli Statuti. Fino a oggi (per lo meno fino all'entrata in vigore della riforma costituzione se vince il Sì al referendum), il Parlamento può procedere da solo alla modifica degli Statuti. Con la riforma Boschi non più, è necessario l'accordo con le Regioni e Province speciali.
È in questo contesto che si inseriscono le parole di Mattarella di Pieve Tesino, con un discorso programmatico che ha delineato opportunità e confini dentro cui maturare il Terzo Statuto di Autonomia, suggellato da un forte imprimatur presidenziale sul valore, i compiti e le responsabilità delle autonomie speciali.
Innanzitutto un'evoluzione del ruolo dell'Autonomia che sia propositiva a livello nazionale e si ponga nello spirito dell'unità nazionale, non concepita come scudo contro presunte invasioni, ma come investimento per il Paese, dentro un clima di collaborazione e intesa reciproca delle parti, Stato-Regioni speciali. È un'indicazione di percorso chiara: basta conflitti istituzionali, infiniti ricorsi giudiziari alla Corte costituzionale che oggi passa la metà del suo tempo a dirimere contenziosi Stato-regioni. Basta rivendicazioni unilaterali: è l'intesa, il confronto politico nelle sedi istituzionali adeguate, che fa procedere un armonioso e vantaggioso funzionamento centro-territori. E in questo l'istituzione del Senato delle regioni (se passa il referendum costituzionale) sarà di grande aiuto nel dirimere le controversie Stato-Regioni su un piano politico, e non solo giuridico attraverso ricorsi e carte bollate.
Pur riconoscendo - ovviamente - il profilo internazionale dell'Autonomia del Trentino Alto Adige («un'unicum in Europa», ha ricordato Mattarella), il Capo dello Stato ha proiettato l'autogoverno della nostra regione oltre le ricorrenti pretese di tutele internazionali (il ricorso a Vienna o all'Onu), inserendolo invece dentro un compiuto e maturo rapporto fra territori multietnici e unità nazionale, fra province speciali e governo centrale. Non si tratta, infatti, di un privilegio immeritato - e qui Mattarella ha sgombrato il campo dalle infinite polemiche spesso pretestuose, innescate da non conoscenza effettiva delle competenze e dei meccanismi autonomistici anche da parte delle altre regioni -. Ma un investimento in positivo, che richiede continuo esempio di responsabilità, d'intelligenza non localistica, di innovazione politica, senza guardare solamente al tornaconto immediato e agli interessi materiali di Trento o Bolzano.
Ora tocca alla Consulta trentina e alla Convenzione altoatesina dare corpo, sostanza e attuazione a tali principi programmatici, innovando nella stesura della bozza di Terzo Statuto, senza trastullarsi in nostalgiche difese dell'esistente, in inutili e stravaganti proposte fuori dal tempo e dalla storia (l'abolizione delle regione), in quisquilie da assemblea di condominio invece di cogliere il momento storico a cui si è chiamati. E spetterà poi a Trento e a Bolzano, al consiglio regionale stilare la proposta di Statuto da presentare al confronto a Roma, un progetto unitario, di prospettiva futura, non chiuso nel passato e nella querula perorazione dei nove decimi, stagione ormai superata, legata agli anni in cui le autonomie speciali non vivevano la solidarietà nazionale, i vincoli europei e il pareggio di bilancio dell'articolo 81 della Costituzione, con ampi sprechi di risorse e le giuste critiche di sperpero piovute dal resto del Paese.
Si tratta ora di declinare la rotta programmatica tracciata dal Capo dello Stato nel contesto nuovo in cui siamo, mostrando fantasia, capacità politica, visione unitaria non solo fra Trento e Bolzano (fondamentale), ma anche fra forze politiche di orientamenti diversi, nella convinzione che si sta riscrivendo la Carta costituzionale nella nostra Autonomia, e ciò richiede il superamento delle miserie quotidiane di piccolo cabotaggio e dei giochetti delle parti. Uno slancio un po' più alto, capace forse di riscattare la politica, anche trentina, ad oggi sprofondata in uno dei punti più bassi nella storia repubblicana.
Il Terzo Statuto, infine, dovrà tener conto delle possibilità assegnate a tutte le regioni dalla riforma Boschi che, di fatto, istituisce nel Paese una sorta di «federalismo differenziato». In sostanza, ad ogni regione italiana potranno essere garantite con legge ordinaria sulla base dell'intesa col territorio interessato specifiche competenze, se in grado di gestirle in maniera virtuosa. Ciò vuol dire che passa il principio - peraltro sottolineato da Mattarella anche per il Trentino - che l'autogoverno va meritato, mostrando nei fatti di sapere governare meglio dello stato nazionale, con minori spese e migliori risultati. Ciò creerà sperabilmente uno spirito emulativo fra le regioni, nel gestire al meglio le proprie competenze per poterne aspirare ad altre, cancellando la disastrosa pagina dei Fiorito e dei Belsito, e di quanti hanno governato le regioni italiane in questi anni, finiti sotto processo o commissariati nella gestione sanitaria per incapacità manifesta, causa non ultima della virata centralista degli ultimi anni.
Starà alle autonomie di Trento e di Bolzano dimostrare di saper fare meglio dello Stato nazionale, ma pure delle altre regioni. Perché sarà questo che giustificherà l'Autonomia anche di fronte agli occhi del resto degli italiani.
Il Trentino Alto Adige è chiamato ad una sfida grande: saper coniugare il proprio secolare autogoverno e la pacifica convivenza delle diversità con l'oggi, con la comunità nazionale, con l'Europa, con l'obbligo di maggiore serietà ed efficacia nell'uso delle risorse. Un compito non da poco, ma che ora può contare sul viatico e l'appoggio pieno da parte del presidente Mattarella, suggellato in maniera solenne nel nome di Alcide De Gasperi.
p.giovanetti@ladige.it
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