Centrosinistra, la coalizione che non c'è

Centrosinistra, la coalizione che non c'è

di Pierangelo Giovanetti

A un anno dalle elezioni provinciali, intervallate a primavera da delicatissime elezioni politiche in un quadro nazionale totalmente in disfacimento, la coalizione trentina di centrosinistra autonomista si trascina giuliva e beata nella convinzione di venir rieletta nel 2018 per inerzia, passando il tempo ogni giorno a becchettarsi miseramente fra i vari esponenti più o meno di spicco, e i relativi partiti (quando ci sono). L'unica preoccupazione, al momento, è stabilire chi sarà candidato nei collegi elettorali per la Camera e il Senato, assillo su cui ruota tutta l'attenzione, con relativo rimpasto e nuovi assetti di giunta fra qualche mese, dopo le probabili candidature di Olivi per il Pd e Mellarini (o Gilmozzi) per l'Upt.

Di programmi, prospettive, idee forti per il dopo 2018, di risposte a questioni cruciali del Trentino dell'Autonomia per i prossimi dieci- quindici anni nemmeno l'ombra. Solo una quotidiana guerra di riposizionamento fra i tre partiti di coalizione, cercando di spuntare qualche millimetro in più a scapito di questo o quell'alleato. Dall'altra parte, sul fronte del centro destra, o di una possibile alternativa all'attuale coalizione di governo, il vuoto assoluto è ancora più assordante. La pietosa rappresentazione dell'incontro di ieri a Mezzocorona promosso da Giacomo Bezzi e da Forza Italia, con la sfilata di vecchie mummie riesumate dal sarcofago e residuati di partiti rappresentanti se stessi o poco più, era l'immagine plastica dell'assenza (purtroppo) di qualunque alternativa politica all'attuale centrosinistra autonomista. Ingenerando l'idea (sbagliata) in questi ultimi, che l'elezione sarà scontata perché è questo che passa il convento. Col risultato, invece, che crescerà ulteriormente l'astensionismo.

Il dibattito estivo delle ultime settimane ha mostrato chiaramente i limiti strutturali della coalizione di centrosinistra autonomista. Primo la mancanza di un senso di coesione e di prospettiva comune nei partiti protagonisti, e nei relativi leader. Secondo la predominanza in chi guida l'alleanza del ruolo di partito, come si è visto giovedì a malga Brigolina dove il governatore Ugo Rossi ha parlato in veste di esponente del Patt più che di garante della maggioranza, sintesi dell'intera squadra di governo provinciale. Le stesse punzecchiature continue, da quattro anni, dell'ex governatore Dellai verso il suo successore, indicando ogni giorno cosa farebbe lui se fosse ancora presidente, oltre ad essere patetiche sono l'indicatore evidente di una mancanza di senso di coalizione, che dovrebbe essere rafforzata dai propri esponenti nazionali e non quotidianamente delegittimata.
Se vi sono questioni politiche di fondo che divergono vanno portate in sede di confronto fra i partiti, e devono trasformarsi in proposta politica, altrimenti rimangono solo melanconici e senili rimpianti dei tempi passati (quando c'era Trento Rise?), sterili verso qualunque apporto positivo e costruttivo.

Per non parlare dei rapporti inesistenti da quattro anni, dal giorno dopo le primarie con esito relativo, fra Ugo Rossi (presidente) e Alessandro Olivi (vicepresidente), che si parlano attraverso i giornali, e si rimbeccano a distanza, quando dovrebbero mostrare una compattezza d'azione e di visione, che rende secondario stabilire chi è la guida se si sa dove si vuole andare e in che modo. Qui probabilmente si scontrano i limiti personali e caratteriali di Rossi nel coinvolgere e fare il direttore d'orchestra, e la non accettazione di molti del risultato del voto popolare, che si trascina da anni senza la rielaborazione del lutto. Che non vi sia coalizione, ma semplice coabitazione fra partiti e singoli esponenti, lo dimostra anche l'uscita estemporanea - e soprattutto screditante di peso politico - del duo Panizza-Rossi riguardo al presentarsi in ordine sparso alle elezioni nazionali.

Se c'è un luogo in Italia dove il parlare (assai spesso a sproposito) di coalizioni ha invece senso, questo è il Trentino Alto Adige, l'unico insieme alla Valle d'Aosta dove ci si presenterà per coalizioni e non per singoli partiti, visto che vi sono i collegi uninominali. Se a livello nazionale tutto questo sproloquiare di coalizioni, di nuovo Ulivo, eccetera eccetera, è un non-sense, visto che si andrà a votare per singoli partiti e le coalizioni si formeranno solo ed esclusivamente dopo il voto in base ai rapporti di forza come nella Prima Repubblica, da noi no. All'elettore andrà presentato un candidato di coalizione, se vuol essere votato dagli elettori della coalizione, non certo di partito. Il senatore Franco Panizza non è stato eletto dal Patt nel 2013, ma dagli elettori di centrosinistra autonomista, e se sarà ricandidato verrà rieletto solo se lo voterà la coalizione, non se lo voteranno soltanto i simpatizzanti del Patt.

Ora, dire che ci si presenterà alle elezioni nazionali in ordine sparso, sei mesi prima delle provinciali dove il voto sarà di coalizione, è un suicidio premeditato e insensato. Altro che costruire unità e coesione della coalizione: è voler buttare alle ortiche quel poco che c'è ancora di ragioni comuni per stare assieme. La soluzione per taluni - vedi l'ex governatore Dellai - è semplicisticamente quella di cambiar cavallo visto che l'elezione popolare di Rossi alle primarie non l'ha mai digerita, dato che non l'aveva manovrata lui, ed è stata fuori dal suo controllo. Come se bastasse sostituire Rossi col povero Marco Merler, degnissima persona, già tirato fuori dal cilindro di Dellai quattro anni fa insieme a Diego Schelfi e a un po' di altri nomi, per dare forza , cammino comune e compattezza politica a partiti ed esponenti solitari, dove ciascuno rema per sé, meglio se a danno degli altri.

Se vi è un candidato alternativo a Rossi, legittimamente, il Pd e l'Upt devono tirarlo fuori motivando le ragioni politiche della «sfiducia» al proprio presidente, e indicando dove e come nei programmi, nei contenuti e nei rapporti fra i partiti, occorra cambiare rotta. Altrimenti è solo un gioco ulteriore a indebolire la coalizione, senza costrutto alcuno. Anche perché se nel Pd viene posta la questione leadership, e si prova a discutere di un proprio candidato presidente, scoppia la terza guerra mondiale interna e la resa dei conti spietata fra i vari aspiranti (almeno una decina), con l'obiettivo unico di farsi fuori a vicenda. Da questo punto di vista, Ugo Rossi è blindato e strablindato, non per particolari meriti suoi ma per demerito altrui. E la strategia evidente del Patt e dello stesso governatore è proprio questa: tirar il can per l'aia il più possibile, fin dopo le elezioni politiche, fino a ridosso nelle elezioni provinciali, quando ormai non ci sarà più tempo per pensare a candidature alternative e occorrerà serrare i ranghi, se si vorrà provare a portare a casa il risultato.

Tutto questo «tirare a campare», una melina infinita in attesa di capire i destini personali di questo o quello dopo le politiche, non giova certo alla coalizione di centrosinistra, ma soprattutto al Trentino, di fronte a passaggi delicati che lo attendono nei prossimi anni. Non c'è solo il futuro dell'Autonomia, di fronte a Roma e alle altre regioni vicine che si preparano al referendum di ottobre. C'è da dire quale idea di Trentino abbiamo in una competizione territoriale in forte concorrenza. Nei confronti del Sudtirolo, con cui siamo strettamente uniti dalla storia e dallo Statuto, ma che viaggia per imprese, lavoro e economia a ritmi doppi dei nostri, ed è sempre più espansivo ed aggressivo verso il Trentino.

Nei confronti delle altre regioni, verso cui dobbiamo dimostrare che l'Autonomia funziona meglio dello stato centrale, con minori costi e più efficienza (anche burocratica). E poi nei confronti degli appuntamenti strategici dei prossimi anni, a cominciare dal tunnel del Brennero, che vedono già il mondo germanico in forte movimento verso Sud, e di fronte al quale dobbiamo arrivare preparati, con idee di respiro e convincenti anche a livello europeo (il treno da Monaco al Garda dovrà essere un punto qualificante della prossima campagna elettorale), o con un modello diverso di turismo ambiente/outdoor/ bici e traffico contenuto, vincente nel nuovo contesto internazionale.
Di questo dovrebbero discutere i leader di partito, non delle proprie miserie personali.

p.giovanetti@ladige.it
Twitter: @direttoreladige

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