L'Europa deve ritrovare le sue radici
L'Europa deve ritrovare le sue radici
Riprendiamo con gioia il cammino, insieme con voi, carissime lettrici e lettori, che ci seguite da tempo con grande attenzione e cura. Benedico il Signore perché da questa simpatica rubrica, esce un messaggio, uno spazio di dialogo con voi, conditi da preghiere e ricordi belli. Non manca la poesia ed il cuore. Porto dentro, ora, tanti eventi estivi.
Specie la gioia di crescere insieme ai ragazzi, lungo i campi scuola, oppure le attese nei confronti di situazioni di speranza tra i giovani. Ma anche di drammi terribili, come la siccità o gli incendi. Anche il Molise, come tante altre terre, ne è stato segnato. Arida la terra, straziata da larghi solchi, che aspettano l’acqua. Come arido è il cuore di chi attende e non vede risposte.
Ma oggi, per aprire questo mese di ottobre, che sempre ha il fascino dell’autunno, stagione che amo molto per l’abbondanza dei frutti, vi narro di una visita nel cuore del Molise. Per incontrare un’abbazia benedettina costruita ai tempi di Carlo Magno. Si tratta di san Vincenzo al Volturno, legatissima al Montecassino. È cresciuta secondo logiche costruttive longobarde prima. Poi carolinge. Per essere poi resa ancor più bella nel rinascimento, fino a farsi cuore del Molise.
Subì anche momenti terribili. In particolare, il 10 ottobre 881, quando un esercito arabo distrusse il monastero, per impadronirsi di un sito di grande ricchezza e forza economica.
Ciò che colpisce maggiormente nella visita a questo sito è il fatto che l’architettura è stata modellata in pieno dalla teologia. Evidente il nesso tra cielo e terra. Tra la speranza cristiana e la forza dei mattoni e delle pietre. Le varie fasi sono raccolte in un’opera meravigliosa, dal sapore narrativo speciale. Si tratta del Chronicon Vulturnense. Cioè di una narrazione dettagliata di tutte le fasi di questa avvincente abbazia benedettina. Datato intorno al 1130, si fa quasi un diario, che ci aiuta a capire la forza dell’ora et Labora.
Perché quando il cuore tende verso il cielo, anche la terra si trasforma. Tutto diventa più facile, tutto più prezioso. Sempre ci deve essere nel cuore dell’uomo il senso dell’eternità. Del dopo di questa nostra vita. Dove andiamo? Verso cosa tendiamo? Il medioevo ne era conquistato. Affascinato, certo! Ma è proprio grazie a questo sguardo, oltre le foglie che d’autunno cadono, che si riesce a comprendere la bellezza di questi luoghi. Senza escatologia non c’è antropologia. Poiché l’uomo è ciò che spera, ciò che adora.
Oggi, infatti, non soffriamo tanto per la mancanza di mezzi. Ma per la carenza di fini. Abbiamo tanto piegato lo sguardo sul presente, che pensiamo di scioglierne i tanti nodi contradditori con la sola forza di un volontarismo immediato. I nodi, invece, non si possono né tagliare e nemmeno tirare. Si devono e si possono invece soltanto sciogliere, con infinita pazienza e speranza.
Ci ha poi colpito tantissimo un vero gioiello architettonico, offerto a tutti dalla passione monastica per le cose belle e grandi, posto dentro l’antichissimo monastero di san Vincenzo. È una meraviglia, recentemente ricuperata da scavi ben condotti. Si tratta della Cripta di Epifanio. Epifanio era un abate di grande valore, vissuto al tempo di Carlo Magno (824.842), discepolo di una grande teologo, qui operante pochi decenni prima. Si tratta di Ambrogio Autperto, che era maestro di Carlo Magno, con Alcuno.
Nel discendere verso il sud, era arrivato fino a san Vincenzo, con nel cuore un grande sogno: unire la civiltà carolingia con quella longobarda. Già nemiche, con lui iniziano a fondersi. Per dar vita da una civiltà ancor più luminosa, che il Chronicon evidenzia con larghezza di intenti. Proprio perché se l’Europa è grande, lo deve all’opera paziente ed intelligente dei monaci. Capaci di identità e forti nella sintesi, armoniosamente.
Concludo con un cuore grato per questa visita. Altre volte vi ero stato. Ma oggi, inizio di autunno, sento di aver goduto di un cuore più ampio. Che vorrei trasmettere a voi. Poiché quanto vi ho narrato è proprio quello di cui oggi abbisogna l’Europa, che si trova davanti a nuove difficili sfide. Sento che la visita a questi siti antichi, dal forte sapore di spiritualità e di concretezza, capaci di una avvincente sintesi, ci permette di superare antiche e nuove paure. E il futuro sarà più coraggioso e luminoso, perché fatto di incontro, di dialogo, di speranza, di stima reciproca, con fini alti e belli.