Basta con il dolce, abituiamoci a un gusto più amaro
Basta con il dolce, abituiamoci a un gusto più amaro
A seguito dei due interventi in cui demonizzavo gli zuccheri semplici, mi sono arrivate da parte dei lettori molte richieste per avere un mio parere in merito ai dolcificanti naturali, sostitutivi dello zucchero. Prima di tutto vorrei ribadire che non si dovrebbe cercare un’alternativa allo zucchero, ma dovremmo abituarci ad un gusto meno dolce.
Dovremmo rassegnarci a considerare il dolce come un’eccezione e non come la regola. È da parecchi anni che sostengo che l’educazione al gusto, più che l’educazione alimentare, dovrebbe essere fatta alle donne in gravidanza e negli asili, piuttosto che nelle scuole. È ormai appurato che il gusto del bambino si forma nei primi 5-6 anni di vita ed è anche emerso recentemente che è nei primi anni di vita che noi «impostiamo» il futuro metabolismo del bambino.
Molti popoli del mondo mangiano cibi che per noi sarebbero immangiabili, e viceversa, per loro probabilmente sarebbe disgustoso un nostro piatto. Imparare gusti nuovi è un po’ come imparare una lingua nuova. Nei primi anni di vita un bambino può diventare bilingue o trilingue senza accorgersi, ma imparare una lingua a 16-17 anni richiede molto più impegno, dedizione e sacrificio. Non parliamone poi da adulti!
La seconda riflessione che ci sollecita a modificare il gusto piuttosto che sostituire semplicemente lo zucchero con un’altra sostanza dolce, è che l’organismo quando noi mettiamo in bocca qualcosa di dolce attiva l’apparato digerente a prepararsi ad accogliere, digerire ed assorbire una sostanza energetica ed a secernere una sequela di ormoni preposti alla sua trasformazione. Se noi «inganniamo» il nostro corpo e, dopo che si era attivato, in circolo non arriva niente, lo «deludiamo». Sul lungo periodo sembra che anche i dolcificanti, naturali o di sintesi che siano, abbiano un’uguale azione «diabetogena» simile a quella dello zucchero, ovvero fanno «sprecare» insulina per niente!
Fatte queste considerazioni veniamo al dunque e vediamo di conoscere meglio quelli che sono i dolcificanti naturali. Vi ricordo alcuni concetti importanti che servono meglio a capire le caratteristiche di questi dolcificanti.
Prima considerazione: tutti gli zuccheri sviluppano circa quattro calorie. Seconda, per indice glicemico di una sostanza, o di un alimento, si intende la sua capacità di aumentare la glicemia. Più è alto e tanto più fa male.
Il nonno dei dolcificanti è stato il fruttosio che, come dice il nome, è lo zucchero prevalente nella frutta. Sviluppa anch’esso quattro calorie, ma ha un indice glicemico molto basso ed aumenta quindi poco la glicemia. Per tale ragione è stato, per decine di anni, lo zucchero dei diabetici. Fatto 100 l’indice glicemico del pane, quello del fruttosio è 30.
Ottimo penserete voi, ma le cose sono un po’ più complesse. Il fruttosio, una volta assorbito viene quasi completamente sequestrato dal fegato ed immediatamente convertito in grasso.
In poche parole il fruttosio aumenta poco la glicemia ma fa ingrassare. Esso è il più forte produttore di trigliceridi. Da un punto di vista metabolico è una schifezza. Va bene quando è assunto con la frutta, ma come dolcificante alternativo allo zucchero è sconsigliabile.
E veniamo alla stevia. La Stevia Rebaudiana è una pianta ormai diffusissima in tutto il mondo, originaria del Sud America. Dalle sue foglie essiccate se ne estraggono due principi, lo stevioside e il rabaudioside che hanno un potere dolcificante di 150-300 volte maggiore rispetto allo zucchero. E un prodotto a 0 calorie usato da centinaia di anni dalle popolazioni sudamericane. La sua introduzione in Europa è stata inizialmente contrastata per una sua presunta pericolosità per l’embrione. Anche se la cosa sembra assolutamente priva di fondamento è bene che le donne in gravidanza non ne facciano uso.
La stevia ha il grande vantaggio che non si altera con la cottura degli alimenti, ma ha l’indubbio svantaggio di avere un retrogusto di liquirizia che a molte persone non piace, perché spesso altera nettamente il sapore dell’alimento. Ok, a chi piace.
Alcuni lettori mi hanno chiesto anche cosa ne penso dello zucchero estratto dai fiori delle palme da cocco, detto anche zucchero di cocco, tipico dell’isola di Bali (nomi di alcune marche: Panela, Tibona, Biona, ecc.). Questo è uno zucchero di un colore scuro, simile allo zucchero di canna, al quale si imputa una particolare ricchezza di sali minerali e vitamine, ma, come dicevo per lo zucchero di canna, dovremmo mangiare degli etti di zucchero per averne degli apporti dignitosi. Quindi dimentichiamo i sali e le vitamine perché quelli li possiamo trovare in molti altri alimenti freschi come frutta e verdura.
Lo zucchero di cocco ha un apporto energetico quasi uguale a quello dello zucchero ed un indice glicemico di 35, dunque abbastanza basso. È probabile che in esso vi sia una miscela di zuccheri: glucosio, saccarosio e fruttosio tale da mantenere una curva glicemica bassa, ma sempre di zuccheri si tratta. Non mi convince! Più interessante, come dolcificante naturale, mi pare l’eritritolo, in quanto ha calorie 0 e indice glicemico 0. L’eritritolo è un poliolo presente nella frutta, ha un buon potere dolcificante pari al 70-80 % di quello del saccarosio e soprattutto è gradevole, senza alcun retrogusto e non è cariogeno. Promosso.
Concluderei la mia rapida carrellata con lo xilitolo. Anch’esso è un poliolo estratto dalla betulla o dal mais che ha un potere dolcificante paragonabile allo zucchero, ma ha un 40 % di calorie in meno, circa 2,5 calorie contro le 4 del saccarosio ed ha soprattutto un indice glicemico di 13, quindi molto basso. Oggi è usato soprattutto nelle chewing gum perché è considerato un dolcificante «amico dei denti» in quanto sembra addirittura prevenga la formazione delle carie. Purtroppo l’assunzione di quantità eccessive di questo dolcificante può dare disturbi a livello intestinale. Come direbbe un’insegnante: «Potrebbe fare di più».
In conclusione cari lettori piuttosto che cercare tante alternative allo zucchero, rinunciate a qualche dolce e abituatevi ad un gusto più amaro.