L'inferno dell'umanità si chiama Shoah
L'inferno dell'umanità si chiama Shoah
Chiunque oggi alimenta l’odio razziale, l’avversione, l’antisemitismo porta allo stesso modo il marchio del genocidio e dell’orrore del massacro nazista.
E dobbiamo ribadirlo senza indugi proprio oggi che celebriamo la Giornata della Memoria. Il cuore umano diventa malvagio non per inclinazione. Ma per incuria. Se trascurato nel suo naturale sentire. Se soffocato nell’amare. Se indurito con calcoli e paure. Se reso chiuso verso gli altri! Se si lasciano persone in mare e si nega loro la salvezza della terra ferma. Se si impoveriscono le famiglie e viene negato loro il necessario per vivere.
Quanti volti ha oggi la Shoah! Perché la sua radice è rimasta ancora attiva, nascosta e perciò pericolosa nell’uomo.
Non ci deve dar pace sapere che un solo uomo è riuscito ad istituire l’inferno sulla terra. Sì, un solo uomo è arrivato a far sterminare milioni di ebrei. A causa della follia crudele e indicibile di un solo uomo una moltitudine di innocenti ha trovato la morte. E questo può ripetersi se non facciamo attenzione a chi porta avanti, come se niente fosse, la logica diabolica dell’esclusione, del mio prima del tuo, della «pulizia etnica»! Anche Hitler bramava una società omogenea, dove non si accettavano i più fragili, gli stranieri, tutti coloro che non rispecchiavano le proprie follie!
È sempre il culto degli idoli che induce all’oppressione contro i poveri e gli indifesi, a ricacciarli nel mondo della sottomissione.
«Non si deve cedere di fronte alle ideologie che giustificano la possibilità di calpestare la dignità umana sulla base della diversità di razza, di colore della pelle, di lingua o di religione», gridava san Giovanni Paolo II, in tutta la sua sofferenza partecipata verso il suo popolo polacco e per tutta l’Europa schiacciata dalla deportazione nazista. La terribile vicenda dell’Olocausto ha preso avvio dall’ossessione di Hitler il quale dichiarava che: «Il terrore è il più efficace di tutti gli strumenti politici». Da rabbrividire. Da piangere.
Con questa convinzione un solo folle ha reso tanti altri complici perfetti della propria follia e diede ordine di sterminare, di operare l’annientamento dell’uomo. Della sua libertà. Della sua pace. Della sua dignità. I lager sono stati, infatti, i luoghi di non ritorno. Della morte certa. Della disfatta dell’uomo contro l’uomo. Dove si costruiva il nemico per abbatterlo, per mortificarlo, per strapparlo via al diritto della vita e della felicità. Ci rendiamo conto di quanto sia presente l’inferno in ogni forma di persecuzione, di tradimento, di cecità. Di vuoto, di soffocamento che spegne la bellezza. E snatura l’uomo, fino a ridurlo a niente.
Ovunque c’è potere che sa di morte, lì ogni volta la Shoah riprende a massacrare l’Umanità.