Un futuro da inventare
Un futuro da inventare
Conte fa i conti. Con Salvini e con la situazione. E si dimette. Fine della scena. L’atto finale ha sfumature inconsuete. Soprattutto quando il presidente del Consiglio (uscente) dice al suo vice leghista ciò che evidentemente non è mai riuscito a dirgli in questi 14 mesi. Ma è inconsueto anche ciò che è successo ieri in un’aula del Senato trasformata in arena.
E adesso? Prodi - che sa bene come si esce dalle secche di una crisi, ma che sa bene anche quanto un coltello nella schiena possa far naufragare governi e progetti - ha lanciato il modello Ursula: un’intesa fra Pd, Cinque stelle e Forza Italia simile a quella che ha permesso l’elezione di Ursula Von der Leyen alla guida della commissione europea. Altri pensano ad un esecutivo istituzionale: un governo comunque politico, guidato dal presidente di uno dei due rami del Parlamento. Poi c’è chi si aspetta una nuova fusione fredda: quella fra Pd e Cinque stelle dopo il naufragio (forse bisognerebbe parlare di suicidio) di quella fra Cinque Stelle e Lega. Ma sullo sfondo ci sono anche altre tre ipotesi. Un governo di scopo, che avrebbe solo il compito di varare una manovra economica che ci allontani dall’orlo del precipizio e un paio di riforme (a cominciare da quella legata al taglio dei parlamentari).
Un governo di minoranza, simile ai monocolori che la Dc tirava fuori dal cilindro proprio per superare le crisi balneari e per evitare crisi ben peggiori. E infine l’incredibile ritorno sulla scena dei gialloverdi, ma con protagonisti diversi, visto che il «c’eravamo tanto amati» è solo un ricordo.
Mattarella non ha molti giorni per inventarsi il futuro. Ma ha due certezze: chi è in grado di guidare un governo che sarà comunque di salute pubblica c’è (Draghi, Cottarelli, Cantone, ma anche Letta o Giovannini, senza considerare i presidenti di Senato e Camera e senza escludere lo stesso Conte) e ben pochi parlamentari hanno voglia di tornare a casa, verosimilmente per sempre. Dunque le urne si allontanano.