Festival utile anche ai medici
Festival utile anche ai medici
Il Festival dello Sport di Trento è stato una splendida, corale manifestazione, di grande successo, per la partecipazione di tanti campioni, protagonisti e fenomeni del presente e del passato. Per l’aritmologo sportivo un’occasione irripetibile.
È stata un’occasione irrepetibile per verificare dai protagonisti la realtà della percezione del problema delle aritmie cardiache e i limiti che tali anomalie elettro-strutturali cardiache possono presentare nel corso di una carriera agonistica.
In immediata precedenza al Festival si è svolto a Napoli un Congresso della Società per le emergenze cardiologiche (Giec), sulla lotta alla morte improvvisa compresa quella dello sportivo e sulla realtà attuale e misure prospettiche per evitare tale tragica calamità.
È emerso chiaramente che i grandi progressi conoscitivi attuali, dovuti a studi e casistiche internazionali polidisciplinari, hanno essenzialmente identificato due target su cui puntare l’attenzione: la prevenzione della morte improvvisa sul campo (da pericolose aritmie nell’atleta) nonché la gestione delle aritmie dell’atleta nel dopo carriera professionale. I medici Stefano Mazzoni (Milan), Piero Volpi (Inter) e Rudy Tavana (Torino) magistralmente moderati dal giornalista Luigi Ripamonti, responsabile Salute del Corriere della Sera quali, professionisti impegnati a tempo pieno nella cura e prevenzione dei preziosi calciatori a loro affidati, hanno fornito l’opportunità al cardioaritmologo di ricavare informazioni sia sul problema della grande responsabilità legata al riconoscimento di qualsiasi patologia inabilitante che del futuro del calciatore che continui appassionatamente ad effettuare attività sportiva negli anni e nel tempo.
È emerso, come ci si attendeva, l’esistenza di una maggior sicurezza rispetto al passato sui mezzi d’indagine e sulla disponibilità scientifica di specialisti idonei a identificare quelli che sono i substrati di patologie che possono essere incompatibili con il proseguimento dell’attività sportiva. In ciò, consci della ricaduta positiva di una legislazione come quella italiana che ha comportato la stesura di Linee guida di idoneità atletica che sono uniche nel mondo per severità, approfondimento e operatività reale. Rimangono le perplessità per atleti isolati che possono provenire da Nazioni nelle quali una tale Medicina sportiva preventiva non è funzionante e soprattutto obbligatoria, lasciando così dei possibili vuoti diagnostici cardiologici pericolosi da coprire.
L’altro aspetto, invece, che può essere peraltro anche gestito da altri operatori rispetto ai medici delle grandi squadre in attività, è quello del futuro del calciatore o di ogni altro atleta di alto livello che continui negli anni o che vuole continuare nel tempo ad effettuare un’attività sportiva agonistica o perlomeno intensa. È infatti recentissima ed in fase di approfondimento scientifico multinazionale la documentazione di possibili manifestazioni aritmiche che vanno considerate aritmie dell’atleta in quanto conseguenza di alterazioni morfostrutturali cardiovascolari dovute alla pratica sportiva di endurance misurabile quantitativamente e qualitativamente nel tempo.
La Cardioaritmologia ufficiale ha così coniato il termine di fibrillazione atriale dell’atleta, precedentemente non esistente, allo scopo di inquadrare i soggetti che effettuando a lungo termine intensa attività sportiva, soprattutto di endurance, possono presentare conseguenze sfavorevoli e tali da rendere necessari dei provvedimenti limitativi, preventivi, terapeutico-farmacologici antiaritmici (di solito di scarsa efficacia) o intervenzionali ablativi sul substrato alterato e in casi che si accompagnano a anomale bradiaritmie, di tipo elettrico curativo impiantabile (Pacemaker).
Da tempo è noto che l’atleta che continua l’attività sportiva intensa, soprattutto dopo i 40 anni ma soprattutto nelle decadi successive come avviene per i Master competitivi, presenti una prevalenza che va dal 4 all’8% maggiore di fibrillazione atriale rispetto al sedentario di pari età.
Importanti informazioni, oltre a quelle che derivano dalla Scienza cardioaritmologica sportiva, si ritrovano in uno Studio 2019 effettuato in ex atleti professionisti della National Football League (Nlf) americana ricontrollati a distanza dalla cessazione dell’attività professionale, nei quali un 5% ha presentato anomalie elettriche con particolare riguardo alla fibrillazione atriale, frequentemente silente e ignorata ma tale da comportare nell’80% dei casi l’impegnativa indicazione a un trattamento anticoagulante per la prevenzione tromboembolica, soprattutto cerebrale, che comporta quasi costantemente l’interruzione di un’attività competitiva intensa per il pericolo di traumatismi agonistici emorragici. In un certo numero di casi la fibrillazione atriale si accompagnava inoltre a bradiaritmie necessitanti l’impianto di un sistema di elettrostimolazione di appoggio onde assicurare una frequenza valida nel tempo.
La certezza dell’esistenza di una possibile patologia aritmica primaria nell’atleta Master trova comunque già il cardioaritmologo preparato a un trattamento preventivo che si basa sul riconoscimento precoce della fibrillazione atriale, ad esempio utilizzando le nuove metodiche di registrazione prolungata nel tempo, anche oltre le 24 ore, sempre più sofisticate e disponibili suggerendo nel contempo consigli di riduzione quantitativa e qualitativa dell’entità di attività fisica concessa nonché ricorrendo, in casi selezionati, a terapie guaritive basate sull’ablazione termica del substrato alterato, disponendo di una guida equilibrata del trattamento anticoagulante utilizzando prevalentemente i nuovi farmaci (Nao) disponibili in Clinica che si stanno documentando sempre più utilizzabili e favorevoli rispetto ai precedenti anticoagulanti dicumarolici di comune impiego.
Concludendo, i continui attuali progressi della Cardioaritmologia sportiva ci rassicurano su una più valida prevenzione delle patologie aritmogene ad alto rischio di morte improvvisa e contemporaneamente forniscono anche informazioni utili a continuare, dopo la cessazione dell’attività professionale e della carriera atletica, una salutare attività sportiva stabilendone precocemente le dosi da utilizzare, individualizzate sulla base di una prevenzione e diagnosi intelligentemente applicate.