L'ossessione di dimagrire
L'ossessione di dimagrire
Nella nostra società, dove la magrezza e il fisico muscoloso sono diventati un valore, i disturbi del comportamento alimentare sono un problema medico e sociale sempre più rilevante. Giornali, riviste, tivù tutti ne parlano.
Ed assistiamo a questa apparente dissociazione in cui se da una parte si esalta la magrezza, dall’altra aumenta il sovrappeso ed i nuovi guru della televisione sono diventati i cuochi che invitano inconsciamente a mangiare, proponendo ricette sempre più sfiziose ed accattivanti. Il cibo non dev’essere solo buono ma dev’essere anche bello. I cuochi sono diventati delle star come, e forse più, degli attori e dei cantanti.
Intanto però numerose ragazze soffrono, così come le loro famiglie, i fidanzati e gli amici. Uno dei grossi problemi dei disturbi del comportamento alimentare è proprio la compromissione delle relazioni interpersonali. La vita di queste ragazze è talmente imperniata nella loro rapporto col cibo che le relazioni con gli altri vengono compromesse. Se il numero di anoressiche e di bulimiche è relativamente modesto, oggi si stima che circa un milione di persone abbia un rapporto col cibo estremamente conflittuale, tale da condizionare la loro vita sociale.
I disturbi del comportamento alimentari oggi vengono considerati delle patologie bio-psico-sociali. Si tratta di disturbi che hanno indubbiamente una base biologica, perché la regolazione del peso corporeo e delle nostre riserve energetiche è sotto un rigido controllo del nostro sistema nervoso centrale. Si innescano spesso in seguito a situazioni psicologiche difficili o conflittuali, in un contesto sociale che ha fatto della magrezza un valore assoluto. Qui vedrò di prendere in considerazione solo gli aspetti biologici che mi competono.
Dobbiamo ricordarci che abbiamo un corpo “animale”, programmato per avere variazioni di peso. Gli animali, quali caprioli e cervi, in occasione delle prime nevicate, quando il cibo incomincia a scarseggiare, vanno incontro ad una rapida perdita di peso che tenderà a smorzarsi dopo 30-40 giorni. Durante l’inverno, questi animali rimangono a digiuno a lungo e consumano le riserve di grasso accumulate durante l’estate. Il grasso viene trasformato nei corpi chetonici, un tipo di combustibile alternativo al glucosio, che sono i più potenti inibitori del senso di fame. Dunque, gli animali durante l’inverno, anche se non mangiano, non soffrono la fame.
La fame però è un parametro che si “accumula” ed in primavera, quando l’animale ricomincerà a trovare finalmente del cibo fresco, passerà delle ore a mangiare per rifare le scorte di grasso, fino a quando il tessuto adiposo sottocutaneo - quello che noi possiamo sollevare sopra i muscoli, non informerà il cervello che le riserve di grasso sono state ripristinate. Il grasso, per comunicare al sistema nervoso centrale di rallentare l’assunzione di cibo, perché i “magazzini” sono pieni, produce la leptina, che potremmo considerare l’ormone della sazietà. In pratica il ciclo alimentare dell’animale dura 5-6 mesi al massimo: dimagrimento, stabilizzazione, recupero dei chili persi e ritorno sul peso dell’anno precedente.
La stessa cosa capita alla razza umana. La grande differenza tra noi e gli animali sta nella durata del ciclo di gestione dell’energia, invece di 6 mesi noi abbiamo un ciclo di gestione delle riserve energetiche che può arrivare fino ai 2-3 anni.
Oggi, lo sport nazionale, e forse anche mondiale, è diventato fare una dieta. Numerosi studi hanno osservato che noi perdiamo peso, con qualsiasi dieta restrittiva nei primi 3-4 mesi, poi il nostro organismo attiva tutti i meccanismi di risparmio energetico e rallenta drasticamente la perdita di peso. Successivamente entra in una condizione di “equilibrio a basso consumo”, per una durata che può arrivare sino ad un paio di anni. Non avete idea di quante persone ogni giorno mi dicono che hanno “il metabolismo bloccato”. Lo hanno bloccato loro mangiando poco.
Ci sono più di 400 tipi di diete diverse: quella del minestrone, quella delle uova, quella del fantino, la dieta a zona, la Scarsdale, quella iperproteica, la dieta paleo, la chetogena, oltre a tutti i programmi commerciali con beveroni e tisane “snellenti”. Finché si paga funziona tutto. In Italia spendiamo un miliardo e mezzo di euro per perdere peso, ma una dieta ha significato solo se si riesce a cambiare le abitudini alimentari e lo stile di vita, altrimenti il recupero è pressoché garantito. Il problema non è solo dimagrire, ma il difficile è sempre stabilizzare la perdita di peso.
Le statistiche ci dicono che se andassimo a vedere a distanza di 3 anni il destino di 100 persone che avessero perso 10 kg, scopriremmo che quelle che sono riuscite a stabilizzare la perdita di peso sono circa il 2-3%, quelli che hanno recuperato tutti i chili persi sono l’80%, il 2-3% ha sviluppato un disturbo del comportamento alimentare ed infine le persone che hanno una spiccata tendenza ad ingrassare per un fatto genetico, se hanno perso 10 kg ne hanno recuperati 15, innescando quello che è definito un meccanismo di “obesità dieta-indotta”.
Oggi noi sappiamo che la stragrande maggioranza dei disturbi del comportamento alimentare insorgono dopo una forte restrizione calorica. Il termine anoressia significa senza fame, perché in passato si credeva che queste ragazze non soffrissero la fame, in realtà si è poi osservato che, a parte i primi 4-6 mesi, queste ragazze soffrono una fame pazzesca che cercano di controllare esasperatamente. Talvolta i genitori di queste ragazze affrontano il problema consultando uno psicologo, forse ignorando che questa malattia ha un’origine non solo di tipo psicologico ma anche di tipo neuroendocrino, oltreché nutrizionale, che necessita dell’intervento del dietologo ed anche dello psichiatra. È per questo motivo che oggi il trattamento più efficace dei casi di anoressia e di bulimia è di tipo multidisciplinare, ove il o la dietologa, il o la psicologa e il o la psichiatra collaborino nella gestione di questa malattia prima che si cronicizzi ed accompagni la ragazza per tutta la vita.