Quanto è difficile salutare i vicini di casa
Quanto è difficile salutare i vicini di casa
Un mio amico sta cambiando casa. Gli ho detto che quando si va in una nuova casa è importante stabilire una buona relazione con i vicini. La ragione è sommariamente espressa nelle parole del poeta inglese John Donne, che scrisse «Nessun uomo è un’isola per se stesso». È chiaro che Donne non ha mai abitato in Trentino.
Credo che alla base di tutto ci sia il timore che, se diamo troppa confidenza, poi la gente inizia a chiederci qualcosa in prestito: un po’ di zucchero, caffè, uova, 300mila euro. Il periodo che ho vissuto a Roma, ricordo che andai a trovare il mio vicino di casa. «Salve - dissi - Sono il vostro nuov...». Bau bau bau bau bau bau bau bau «Cesare sta ggiù!» ha urlato il vicino. «Dicevo - ho proseguito - sono il vostro nuovo vicin..».
Bau bau bau bau bau bau bau «A Cesàà, a cuccia!» ha detto il vicino. «Scusi - ho ripreso - forse è meglio se...». Bau bau bau bau bau bau.
E così sono tornato a casa mia. Ero andato a chiedere se gentilmente poteva spostare il Suv da sopra la mia bicicletta; ma ho capito che era meglio se spostavo io la bici da sotto.
A Trento invece, ho un ottimo rapporto col mio vicino di casa. Non lo vedo mai. E quando capita, pur di non salutarmi riesce ad assumere le sembianze dell’intonaco della casa. Guardando bene attraverso le pieghe del muro ogni tanto si vedono due occhietti muoversi con aria supplicante «fa che no’l me saluda...». Credo ce l’abbia ancora con me per quella volta che venne a chiedermi in prestito un serpente idraulico per il water intasato dal figlio, che ci aveva infilato dentro la sorella, ma io ho confuso e gli ho dato il Boa constrictor. E nonostante mi sia scusato mille volte, e abbia chiamato (a mie spese!) il veterinario per estrarre la figlia dal serpente, lui è ancora, tenacemente, arrabbiato. Come diceva Enzo Ferrari «non fare del bene se non sai sopportare l’ingratitudine».