Il papa, la pace, i virus e Dio
Il papa, la pace, i virus e Dio
Francesco lancia un appello perché, mentre imperversa il Coronavirus nel mondo, si ascolti il segretario dell’Onu che chiede, ove sono in atto guerre, un “cessate il fuoco globale”. Parole che si intrecciano con quelle che hanno in cuore molti credenti che si pongono una domanda cruciale: «Perché Dio non interviene per debellare le cause del morbo micidiale?».
Consapevole che conflitti sanguinosi incombenti in varie aree del pianeta aggravano le già drammatiche conseguenze della pandemia, Antonio Guterres aveva auspicato: «Cessi il fragore delle armi!». E il papa ha fatto suo quel grido. Egli venerdì scorso, in una piazza san Pietro vuota delle folle che di solito l’assiepano, aveva ricordato che Gesù, impietosito dalle grida dei discepoli i quali, in barca sul lago di Galilea, temevano di affondare a causa delle onde sollevate dalla tempesta, ordina al vento: «Taci, calmati!»; ed esso si calmò. Adesso, mentre il vento del virus soffia implacabile, il pontefice, pur sempre invitando alla preghiera, richiama tutti a compiere opere che favoriscono pace e guarigione.
Dio - lo si constata - di solito non elimina i pericoli mortali. Questo Suo, almeno apparente, silenzio, provoca dolenti interrogativi. Esso aleggiava tre giorni fa in Vaticano; e, il giorno precedente, a Gerusalemme. Qui, il sindaco della Città santa, Moshe Lion, aveva convocato i leader delle religioni là esistenti, a pregare insieme l’unico Signore, ciascuno secondo le proprie convinzioni, perché il virus sia debellato. Presenti: il rabbino capo sefardita e quello ashkenazita, sceicchi musulmani, uno sceicco druso, esponenti delle varie Chiese (greco-ortodossi, armeni e, per i cattolici, il Custode di Terrasanta, il trentino p. Francesco Patton, e il patriarca ad interim di Gerusalemme, Pierfrancesco Pizzaballa).
Non solo tra le religioni ricordate, ma all’interno stesso di ognuna di esse, i credenti danno risposte diversificate sul rapporto Dio/mondo, invocazione a Lui, ordine della Natura e miracoli. Limitandoci al mondo cristiano, e semplificando, si potrebbe dire che in esso si confrontano due correnti. La prima ritiene che il Creatore intervenga continuamente nell’ordine naturale delle cose; e dunque, se pregato con fervore, può far cessare siccità o distruggere bacilli micidiali. L’altra, invece, pensa che Dio, di norma, non modifichi le leggi della natura, che prevedono terremoti apocalittici, o virus “omicidi”: è un Dio “impotente”. E allora, che senso ha invocarLo se è sordo alle implorazioni, e non fa miracoli?
Perché - questa la risposta- Egli vive in te, e può darti il coraggio, nella preghiera di impegnarti davvero per fare il tuo dovere: operando per la pace, lavorando in ospedale o rimanendo a casa per non diffondere il virus. Insomma, Dio non è un “Tappabuchi” (ammoniva il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, impiccato dai nazisti): tu, credente o non credente, sei le Sue mani e il Suo cuore, se fai della salvezza del fratello la stella polare del tuo agire.