Il caso Bordon: i politici, lo stile ed i loro "capi"
Sgarbi al Mart, Zecchi al Muse, Bordon che lascia l’Azienda sanitaria, Ruscitti alla guida del dipartimento sanità, l’ex capo della scuderia Ferrari, Arrivabene, nella task force trentina (contro l’emergenza Covid) di cui si sono perse le tracce. Qualcosa li accomuna, seppur in modo strano. Sia chiaro: che un nuovo governo cambi un dirigente, a qualsiasi livello, ci sta. Che lo costringa ad andarsene con atteggiamenti che ricordano quelli di bambini dell’asilo che giocano a nascondino, no. Ogni riferimento a Paolo Bordon, gran capo dell’Azienda sanitaria che s’appresta a spostarsi a Bologna, non è affatto casuale.
Perché il “caso Bordon” dimostra tutta l’arroganza della politica: le storie, come in amore, si possono chiudere in diversi modi. Ma la forma è sostanza. Soprattutto quando emerge una certa sicumera: se si lascia andar via un manager che ha gestito in questi mesi impossibili l’emergenza Covid - ad avviso della Provincia male, ne dobbiamo dedurre?
- significa, benché questo non risolva il problema dello stile, che si ha già in mano un jolly. C’è chi ha fatto trapelare che si deve puntare su un dirigente trentino. Ma a dirlo sarebbe lo stesso mondo che - strana la vita, no? - chiamò, “da fuori”, su consiglio di Zaia, Giancarlo Ruscitti. L’uomo che ha preso il posto alla guida del dipartimento sanità della trentinissima Ferrario, che ebbe per predecessori dirigenti trentinissimi come Michelini, Paolino, Fedrigotti...
L’azienda sanitaria, salvo la parentesi del noneso Luciano Flor, ha sempre avuto “generali” arrivati da altre terre. Ma una ragione va trovata prima di tutto in una classe dirigente trentina che sembra non esserci più. A diversi livelli, come ben dimostra anche quanto accaduto per trovare il (probabile) presidente della Cooperazione, con il valzer dei soliti nomi e una conclusione che ricorda antiche liturgie democristiane.
Di qui le chiamate di Sgarbi, di Zecchi o di Arrivabene: si punta insomma su personaggi autorevoli, usati però spesso come specchi per le allodole. Tutto legittimo. Soprattutto in una politica che ama il cambiamento inteso come immagine più che come sostanza (non a caso molti dirigenti storici sono stati confermati al loro posto). Ma a mancare sembra essere la strategia, il disegno.
Su Sgarbi - alla luce dei suoi ennesimi e ormai stucchevoli show - una cosa va poi detta. Fa cose inaccettabili e il suo stare sempre sopra le righe fa torto alla sua intelligenza e alla sua energica capacità, ma lui è sempre stato così ed è dunque chi l’ha chiamato che deve chiedersi se è di questo che avesse bisogno il Mart. La botta d’immagine è indubbia. Ma qualche domandina sul tipo di immagine che ne esce Fugatti e Bisesti se la dovranno pur fare. E Zecchi dov’è sparito? È forse con Arrivabene e la task force? Tanto Sgarbi fa rumore per tutti, no?