Quando l'autonomia
 gioca col fuoco

di Alberto Faustini

Le fughe in avanti, gli strappi, le marce indietro, i tentennamenti e le varie ordinanze (non esattamente la fotografia di un'autonomia con le idee chiare) colpiscono. Ma sorprende soprattutto una cosa: ancora una volta Trento e Bolzano hanno perso un'occasione preziosa per muoversi insieme. Se i due territori si fossero mossi all'unisono, magari strizzando prima l'occhio al presidente Conte e al ministro Boccia, si sarebbe potuta rilanciare l'idea di un luogo capace di farsi laboratorio, sperimentando in questa terra ciò che in altre zone, per diverse ragioni, non è praticabile. Insieme, il Trentino e l'Alto Adige avrebbero potuto cercare di dimostrare che non sono i ristoranti aperti (in sicurezza, con controlli veri) a far esplodere i contagi. O avrebbero potuto dire che non è l'assembramento d'idee, di sogni e di fantasia che passa dai teatri e dai cinema (non meno vuoti dei ristoranti) a dover preoccupare.
Una regione di un milione di abitanti può fare tante cose, a cominciare dal far sentire il proprio peso in Parlamento: in certe circostanze, una delegazione che si muove compatta può trattare meglio. Può persino barattare - come s'è sempre fatto - sostegni in cambio di mancati ricorsi. Il presidente Fugatti e il presidente Kompatscher sapevano infatti fin dall'inizio che le loro ordinanze avrebbero avuto vita breve, ma se il governo avesse aspettato un po' a far la voce grossa, ad esempio, si sarebbe magari potuto dimostrare come certe aperture non influenzino certi dati. Già, i dati: con tutti questi contagi (benché in Trentino le cose stiano andando molto meglio rispetto a ciò che accade in Alto Adige) l'autonomia non può permettersi fughe in avanti. Ci sono campi minati che - soprattutto in assenza di accordi precisi - si dovrebbero evitare: non è infatti sui terreni scivolosi e impopolari che si possono rivendicare le prerogative di una terra a statuto speciale. E perseverare è ancor più insidioso quando le stesse categorie che si vogliono vezzeggiare iniziano a preoccuparsi e a frenare. I ristoranti e i bar sono già drammaticamente vuoti. E l'idea che la sfida al governo (perché come tale viene vissuta a Roma) possa anche solo mettere in discussione i "ristori" promessi da Palazzo Chigi - ristori, sia detto, che sono tali solo se arrivano e non certo se vengono promessi - dovrebbe bastare, da sola, come alla fine ha ben capito anche Kompatscher, a convincere anche Fugatti a "ritirarsi". A volte bisogna saper perdere. Saper tornare sui propri passi. Possibilmente - in questo caso lo ricordo soprattutto a Kompatscher - prendendo atto di far parte di un Paese che sta cercando in tutti i modi di sconfiggere la pandemia e non richiamandosi a una Germania e un'Austria che in fondo hanno cercato di copiare proprio l'Italia, in questi drammatici mesi. In certi momenti non è possibile tenere il piede in due o tre scarpe. L'autonomia non si difende con arroganza, ma fermandosi a uno stop per poi cercare di ripartire a gran velocità. Con il resto del Paese. Non - perché è questa l'impressione data - contro il resto del Paese.

 

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