«Se non mi paghi, ti mando i miei amici»
La vicenda risale al luglio scorso, quando in un ristorante di Mori l'artigiano bergamasco aveva fatto dei lavori. Tutto bene fino a che il rapporto di lavoro tra lui e il ristoratore si era bruscamente interrotto. E qui sono iniziate le tensioni
La procura ne è sicura abbastanza da chiedere il giudizio: quelle pronunciate da Antonio Zambatti, artigiano bergamasco, contro un ristoratore di Mori, non erano frasi buttate lì, ma minacce vere e proprie. Allo scopo di avere i soldi di cui riteneva di avere diritto, ha cercato di spaventare l'esercente. Atti che per la procura integrano il reato di tentata estorsione. Da qui l'udienza preliminare, che ieri si è aperta davanti al giudice Michele Cuccaro, ma che è subito stata rinviata al 24 marzo. La vicenda risale al luglio scorso, quando in un ristorante di Mori l'artigiano bergamasco aveva fatto dei lavori. Tutto bene fino a che il rapporto di lavoro tra lui e il ristoratore si era bruscamente interrotto. E qui sono iniziate le tensioni. Perché, lamentava l'artigiano, non tutti i lavori portati a termine gli erano stati pagati. Per la precisione il piccolo imprenditore chiedeva di avere 27 mila euro. Visto però che non c'era verso di mettersi d'accordo, il bergamasco deve aver deciso - questa almeno la ricostruzione della procura - di passare alle vie spicce. E un giorno ha telefonato ad una comune conoscenza, pregandola di passare un inquietante messaggio al ristoratore. Non avesse pagato - questa in sostanza il contenuto delle minacce contestate - lui avrebbe mandato un paio di suoi amici a fargli passare la voglia di fare il furbo.