«Le mele trentine sinonimo di salute»
Nuova puntata del polverone scatenatosi dopo la denuncia sull'uso eccessivo di pesticidi in Trentino, fatta in tv da Leonardo Pinelli (pediatra e docente universitario a Verona) durante «Porta a porta», una settimana fa. Ieri a intervenire è stata la Federazione della cooperazione, con una conferenza ospitata dalla sala stampa della Provincia
Nuova puntata del polverone scatenatosi dopo la denuncia sull'uso eccessivo di pesticidi in Trentino, fatta in tv da Leonardo Pinelli (pediatra e docente universitario a Verona) durante «Porta a porta», una settimana fa. Ieri a intervenire è stata la Federazione della cooperazione, con una conferenza ospitata dalla sala stampa della Provincia.
L'incontro con i giornalisti, presenti gli assessori Ugo Rossi (Salute) e Tiziano Mellarini (Agricoltura), è stata un'occasione per insistere sulla «salubrità» del modello ortifrutticolo trentino (concetto già espresso dal presidente Lorenzo Dellai, intevenuto al telefono durante il programma tv), un settore che nell'ambito del sistema cooperativo conta 7.200 soci e 1.400 dipendenti, con un fatturato di oltre 400 milioni, come si legge nella nota stampa diffusa ieri.
Il presidente della Cooperazione, Diego Schelfi , esprimendo «fastidio» per la vicenda, ha richiamato anche i valori della responsabilità sociale, per testimoniare l'attenzione alla salute: «Prima dei controlli veniamo noi, con la nostra storia e i nostri legami che attraversano le generazioni».
A proposito di controlli, al tavolo dei relatori è stato riservato un ruolo di primo piano al direttore dell'Azienda sanitaria provinciale, Luciano Flor , che ha riassunto l'esito dell'indagine svolta in valle di Non su possibili correlazioni tra pesticidi e malattie, già presentata pubblicamente nei mesi scorsi. Si tratta di uno studio che ha preso in considerazione gli indicatori sanitari nel periodo 2001-2009 in due aree della valle, una in cui è massicciamente coltivata la mela, l'altra dove questa attività è marginale. «L'esame comparativo delle due realtà e il confronto con i dati dell'intero territorio provinciale - ha detto Flor - non hanno fatto emergere situazioni critiche. Abbiamo valutato i dati di una lunga serie di patologie, dai tumori all'asma, così come gli episodi di intossicazione acuta: non c'è nulla che ci preoccupi e ci spinga a intervenire: siamo proprio a zero. Il quadro della salute nella valle risulta normale».
Lo stesso Flor, sollecitato da una domanda dell'Adige, ha escluso che siano allarmanti le indagini commissionate dal Comitato noneso per il diritto alla salute, dalle quali emerge, fra l'altro, un presenza significativa di alcuni pesticidi nell'ambiente e anche nelle urine degli abitanti: «Si tratta - ha spiegato - di dati specifici sui residui, ma non si possono mettere in relazione con l'insorgere di patologie».
A proposito di pesticidi, Alessandro Dalpiaz e Ennio Magnani , rispettivamente direttore e presidente dell'associazione di produttori ortofrutticoli Apot, hanno fornito alcune informazioni sui «severi disciplinari di produzione» (che vedono la regia della fondazione Mach) e sul «sistema dei controlli a garanzia della salute dei cittadini e dell'ambiente naturale, con oltre 10 mila campioni di mele esaminate dal 2003 al 2012 e una percentuale di difformità dalle attese inferiore allo 0,4%». Un quadro, dunque, considerato eccellente, nel quale le criticità riguardano al massimo qualche «comportamento individuale» da correggere.
Ma di là dalle discussioni contingenti, nel futuro della frutticoltura trentina ci sarà, per esempio, una progressiva conversione al metodo biologico? A questa domanda, Luca Granata , direttore generale di Melinda, ieri seduto fra il pubblico, ha risposto difendendo il modello attuale, «che si colloca all'avanguardia mondiale anche per impronta ecologica e tutela della salute dei consumatori: l'agricoltura biologica, per esempio, presenta il problema dei residui di rame e zolfo ma non è tenuta a controlli finali sui frutti».