Da Ala a Boston per studiare da star
La Berklee college of music di Boston non è soltanto una delle più prestigiose scuole di musica americane. Per gli appassionati è un tempio, perché in quelle aule hanno perfezionato i loro talenti musicisti di fama mondiale. C'è l'imbarazzo della scelta tra i nomi da citare: alla Berklee ha studiato l'artista jazz donna che ha venduto più di tutti, Diana Krall, un pianista del calibro di Keith Jarret che improvvisando sui tasti bianchi e neri della tastiera abbraccia, oltre al jazz, diversi generi musicali. L'elenco, iniziato nel 1945 con l'istituzione della scuola, è davvero lungo e dagli ultimi mesi annovera anche il nome di un giovane trentino: Francesco Pinter di Ala, classe 1986
La Berklee college of music di Boston non è soltanto una delle più prestigiose scuole di musica americane. Per gli appassionati è un tempio, perché in quelle aule hanno perfezionato i loro talenti musicisti di fama mondiale. C'è l'imbarazzo della scelta tra i nomi da citare: alla Berklee ha studiato l'artista jazz donna che ha venduto più di tutti, Diana Krall, un pianista del calibro di Keith Jarret che improvvisando sui tasti bianchi e neri della tastiera abbraccia, oltre al jazz, diversi generi musicali. E ancora Joey Kramer e Brad Whitford degli Aerosmith, il chitarrista Steve Vai. L'elenco, iniziato nel 1945 con l'istituzione della scuola, è davvero lungo e dagli ultimi mesi annovera anche il nome di un giovane trentino: Francesco Pinter di Ala, classe 1986 .
La musica lo ha corteggiato fin da piccolo. Del resto in una famiglia come la sua era difficile non subire il fascino delle sette note nelle loro mille sfumature. «Sono sempre stato dentro la musica e dentro quell'ambiente, seppur amatoriale - racconta -. Papà Bepi canta nel coro, mamma Annalisa e mia sorella Anna suonano il piano: quest'ultima l'ha studiato dai sette fino ai 21 anni. Tutto comincia da lì, dalla mia famiglia».
Il primo strumento tra le sue mani non poteva che essere un pianoforte: «Avevo quattro anni quando ho iniziato alla scuola musicale Opera prima con il corso per imparare la musica giocando. Ricordo che ci avevano fatto fare uno spettacolo di carnevale e suonavamo la storia delle campane stonate inventata dalla maestra Chiara Saiani. Era un bel modo per imparare quello. Ma quando è arrivato il momento di leggere le note sul pentagramma la maestra non mi era più così simpatica: avrei dovuto studiare e non ne volevo sapere». Fino alla quarta elementare, quando a scuola è arrivata la banda. «Mi affascinavano tutti quegli strumenti. Avrei voluto partire con il corno, poi invece mi hanno convinto a suonare il sassofono. Però avevo la fobia delle note, allora ho cercato di sviluppare la mia abilità per vie traverse e chiedevo a mia sorella di suonarmi le canzoni per il sax: lei me le trasponeva e le imparavo. Facevo finta di leggere e suonavo. È lì che ho iniziato ad allenare l'orecchio. Trascrivo ad orecchio anche ora, con musica ben più complessa! Da quel momento in poi è diventato il mio punto di forza». Una dote che allora, ai tempi delle elementari, veniva etichettato come un «handicap musicale». «Ma io ci ridevo sopra, finché riuscivo a suonare a tempo non m'importava» spiega Francesco. Ma l'esperienza al sassofono finì poco dopo, terminate le medie.
Arrivato il tempo delle superiori Francesco Pinter si è iscritto all'istituto d'arte Depero, dove si è poi diplomato come grafico. È di quegli anni la prima passione per i gruppi musicali, l'amore proibito - come lo definisce lui - per la batteria che esprimeva perfino a tavola, battendo il ritmo con le forchette sui piatti, finché non veniva ripreso. «Per me il ritmo viene prima della melodia, da sempre». E ben presto il ritmo prende forma anche attraverso le corde: prima del basso elettrico («Quello che mi prestò mio cognato, anche lui nel mondo della musica, aveva cinque corde», ricorda) e poi per la chitarra. «Era l'altro strumento che suonava mia sorella, io l'avevo sempre guardata senza capire come si facesse. Ho chiesto i primi rudimenti a mia sorella, ho scoperto il barrè e da quel momento mi si è aperto un mondo... Ta ta tan, ta ta ta tan ... con quella chitarra ha cominciato ad esercitarsi sulla melodia di Smoke on the water , il famoso brano dei Deep purple, per spaziare poi nell'universo delle band. Il primo concerto ai giardini Milano con le mani che gelano e tremano per l'agitazione, i ragazzi più esperti che diventano uno sprone a migliorare, tre anni da autodidatta e i lunghi pomeriggi in camera ad esercitarsi, finché non si sbaglia più quella posizione delle dita. «La gente pensa che suonare sia solo un divertimento, invece quando ci metti anima e corpo sei accompagnato da mani spellate, male alle articolazioni, schiena rotta dalla posizione. Però io amo fare le cose bene! Le cose fatte in modo dilettantistico non mi appagano, ci vogliono l'emozione forte e pure gli effetti collaterali». Francesco prende lezioni per perfezionarsi, nel frattempo fa il suo debutto nel mondo del lavoro ma si accorge che non è quello che cerca. La musica torna prepotentemente a richiedere la sua attenzione, il suo impegno totale. Segue un corso professionale jazzistico al Cdm «ma mi sembrava di snaturarmi, di eseguire ma non suonare».
Da vero artista qual è si prende il tempo per capire, finisce a Vienna per lavoro ed incontra la sua ragazza. Si chiede cosa vuole davvero fare nella vita e si trova ad inseguire il sogno dei grandi musicisti che ascolta. Tra questi c'è Jhon Petrucci, chitarrista conosciuto principalmente per essere stato uno dei fondatori del gruppo progressive metal statunitense Dream Theater. «Jon Petrucci e gli altri si sono consciuti alla Berklee - pensava solo pochi anni fa - : se potessi trovarmi anch'io lì, magari dormire nella stessa stanza dove hanno dormito». Il sogno americano di Francesco Pinter è nato così, tra la voglia di presentarsi a Boston per un'audizione e il terrore di doversene andare da casa. «Il primo luglio 2011, l'ultimo giorno per presentare la domanda di iscrizione alla Berklee per il semestre primavera 2012 a casa mi hanno quasi costretto a mandare la domanda. Da lì ho iniziato a preparare l'audizione con due pezzi molto intensi di Steve Vai». Un mese dopo in America ha ottenuto una borsa di studio ed il 24 gennaio 2012, poco più di un anno fa, è iniziata l'emozionante esperienza alla Berklee college. Non sono mancati i momenti difficili, ma neanche gli incoraggiamenti: della famiglia in primo luogo, che nel frattempo si è arricchita anche di un nipotino, ma anche degli amici. «Qui oltre allo studio sono i contatti che riesci a instaurare a fare la differenza, le raccomandazioni "buone" che ti aprono le porte. Sono venuto per navigare in questo ambiente ed è quello che sto facendo. Per il futuro? Mi piace insegnare ma soprattutto suonare. Sto cercando di lavorare con più gente possibile, cominciare a farmi conoscere. Anche perché, come ci dicono qui "Chi avete vicino non potete sapere chi sarà domani!"»