L'omaggio di Trento a Mario Pasi, partigiano caduto a Belluno
Un centinaio di persone, tra cui gli allievi della scuola Rudolf Steiner di Trento, hanno presenziato questa mattina alla cerimonia per il 70° anniversario della morte del partigiano Mario Pasi, medico ravennate, in servizio dal 1938 al 1940 all’ospedale Santa Chiara, attivo in città in una cellula clandestina del partito comunista.
Un centinaio di persone, tra cui gli allievi della scuola Rudolf Steiner di Trento, hanno presenziato questa mattina alla cerimonia per il 70° anniversario della morte del partigiano Mario Pasi, medico ravennate, in servizio dal 1938 al 1940 all’ospedale Santa Chiara, attivo in città in una cellula clandestina del partito comunista.
Dopo l’8 settembre, Pasi si impegnò per aiutare i soldati italiani in fuga e per spingerli verso la causa della lotta contro il nazifascismo. Ma in Trentino il movimento di liberazione faticava a organizzarsi, mentre prendeva corpo l’occupazione, nell’ambito della nuova area amministrativa denominata Zona di operazioni delle Prealpi, cui appartenevano anche le province di Bolzano e di Belluno, controllata dai nazisti tirolesi e di fatto inglobata nel Terzo Reich.
Di fronte all’impossibilità di costruire un esercito di liberazione strutturato in Trentino e al rischio crescente di finire prigioniero dei nazisti, all’inizio del ’44 Pasi si spostò nel Bellunese, dove la Resistenza era già attiva e organizzata fin dall’autunno del 1943. Qui, con il nome di battaglia Montagna, il medico ravennate fu fra le figure più in vista, aggregato dapprima al nucleo partigiano «Luigi Boscarin», poi commissario politico nellambito della divisione garibaldina «Nino Nannetti» e infine commissario del comando unico di zona del Cln bellunese da novembre 1944. Incarico, quest’ultimo, di raccordo fra il livello politico e quello militare, che Pasi ricoprì solo poche settimane, perché fu arrestato da nazisti il mese successivo, in seguito a una «spiata».
Montagna fu quindi incarcerato nella caserma Tasso, in centro a Belluno, sede della gendarmeria germanica guidata dal famigerato tenente Georg Karl, noto torturatore e assassino del quale dopo la guerra si persero completamente le tracce.
Nella caserma Tasso, dove operavano anche alcuni attendenti sudtirolesi del capo nazista, Mario Pasi fu seviziato per mesi, ridotto in fin di vita, in quella prigione in cui contro i numerosi arrestati per motivi politici, si usavano anche strumenti di tortura medievali. Karl voleva conoscere i nomi e i nascondigli di altri comandanti della Resistenza. Grazie a un’altra partigiana, Tea Palman, che poi come un migliaio di bellunesi sarà deportata al lager di Bolzano e torturata nella caserma del corpo d’armata, Pasi fece uscire dalla prigione un biglietto in cui chiedeva ai suoi compagni di inviargli del veleno: ormai temeva di non riuscire più a tacere.
Ma per lui, invece, si avvicinava l’ultimo giorno. La situazione pricipitò dopo un attentato contro i nazisti messo in atto da uomini della divisione Belluno in un poligono di tiro che si trovava in un prato ai piedi della collina denominata Bosco delle Castagne.
Come ritorsione, furono chiesti al tenente Kark cinquanta partigiani da impiccare, ma in gendarmeria dovevano ancora procedere con molti interrogatori e concessero «solo» dieci prigionieri.
Il pomeriggio del 10 marzo 1945 la settima compagnia del battaglione Schröder, composto da Ss altoatesini, la stessa che aveva subito l’attentato, scortò i dieci partigiani verso il luogo prescelto per l’impiccagione: il Bosco delle Castagne.
Il macabro corteo sfilò fra le case per sfidare e minacciare una popolazione ostile ai nazisti.
Mario Pasi, incapace di camminare, fu trasportato in auto, su una Topolino, e quindi adagiato su una scala che i militari requisirono a un contadino.
Bisognava salire un ripido sentiero per raggiungere il luogo del’impiccagione, scelto pobabilmente anche perché ben visibile di mondi a nord della città, dov’erano attestati i partigiani nel comando di cui faceva parte anche il maggiore Bill Tilman della missione britannica.
Giunti al bosco, attorno alle 18, i nazisti procedettero con le impiccagioni dei partigiani ai rami del castagni.
Oggi quel luogo è un’area storica fra quelle più note nel Bellunese, posti che conservano simbolicamente la memoria di questo e degli innumerevoli altri episodi tragici (stragi, uccisioni, deportazioni, paesi incendiati eccetera) che martoriarono la provincia dolomitica nel 1944 e nel 1945 per mano dei nazisti.
Lo stesso giorno, il 10 marzo ’45, un’altra decina di persone furono uccise sull’altro versante della Valbelluna, in Sinistra Piave, compresi i quattro fratelli Schiocchet di Sant’Antonio di Tortal.
Oggi, in piazza Pasi, nel capoluogo, è stata posta una corona d’alloro in memoria di Montagna. Alla cerimonia c’erano, fra gli altri, i rappresentanti dell’Associazione nazionale partigiani (Anpi) con il presidente provinciale Sandro Schmid, dell'Ana, il sindaco Alessandro Andreatta e il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, che ha ricordato, fra l'altro che è grazie alla Repubblica nata dalla Resistenza che il Trentino ha ottenuto la sua autonomia. Una Resistenza italiana cui, ha sottolineato, parteciparono anche molti alpini come Mario Pasi.
A Belluno Pasi e gli altri impiccati sono stati ricordati domenica scorsa nella cermonia che si svolge ogni anno al Bosco delle Castagne.
Al settantesimo anniversario della Liberazione è dedicato l'ultimo numero di Protagonisti, la rivista dell'Isbrec (Istituto storico bellunese della Resistenza e dell'età contemporanea), che contiene anche un dossier che riassume le numerose stragi di partigiani (esclusi i 564 morti in combattimento) e di civili avvenute per mano nazista: nel complesso, i dati ufficiali riportati nella motivazione del conferimento della medaglia d'oro al capoluogo e alla provincia, vi furono a Belluno 86 impiccati, 227 fucilati, sette arsi vivi, undici morti per sevizie, 564 caduti in combattimento, 301 feriti, oltre a 1667 deportati e 7.000 internati militari (non tutti fecero ritorno a casa).