Pesticidi: «Provincia e Mach cambino: vanno vietati il Clorpirifos e altri prodotti»
Questione Clorpirifos e altri pesticidi usati in agricoltura. Interviene, con un doppio, ragionato richiamo, Vigilio Pinamonti , consigliere di amministrazione della Fondazione Mach. Un richiamo alla Provincia, un altro alla stessa Fondazione. «Fa specie» osserva Pinamonti «come la Provincia, nel suo provvedimento di deroga (all'impiego del Clorpirifos etil, ndr) riconosca la pericolosità per un principio attivo da molti anni usato in frutticoltura e ancora presente nei protocolli della "lotta integrata". Principio attivo consigliato dai tecnici e usato dai frutticoltori anche quest'anno. Forse» chiede Pinamonti «che la Provincia sovraintende a due ambienti? Uno dove si fa la viticoltura da tutelare maggiormente e uno frutticolo meno importante?».
La questione del Clorpirifos, nelle ultime settimane, è emersa con clamore per quanto accaduto nel basso Trentino: la Cantina di Avio che ha chiesto la deroga, perché gli insetticidi ammessi non sarebbero sufficienti per combattere una cocciniglia perniciosa, giustificandone l'uso con il fatto che sarebbero interessati pochi ettari di vigneto; e la Cantina di Ala, con superfici viticole limitroe, che sostiene invece che l'uso dell'insetticida sotto accusa non serve e che, anzi, il suo impiego comprometterebbe l'immagine della sostenibilità ambientale di cui si fregia la viticoltura provinciale. «Viticoltura» registra il consigliere della Mach «che nel campo della sostenibilità è senza dubbio più avanti della frutticoltura».
Fatto è che il Clorpirifos che la Provincia, con la deroga, riconosce come pesticida «ad elevata pericolosità ambientale», denuncia Pinamonti, «è tranquillamente ammesso e usato». E le analisi svolte dall'Appa (Agenzia provinciale protezione dell'ambiente) e da Greenpeace sui terreni coltivati e i corsi d'acqua lo confermano. «Ma oltre all'ambiente» dice Pinamonti «in primis va tutelata la salute delle persone». Il consigliere della Mach fa riferimento alle numerose pubblicazioni scientifiche, tra cui quella dell'Istituto superiore di sanità, che lo individuano come «dannoso soprattutto per lo sviluppo dei bambini» e come «principio attivo interferente endocrino. Ed ecco il richiamo alla «sua» Mach.
Da alcuni anni, Pinamonti, in qualità di consigliere, ha chiesto «che i vertici della Fondazione prendano una chiara posizione e tale principio attivo sia bandito da tutti i protocolli di coltivazione, almeno non sia più compreso tra i prodotti consigliati negli avvisi, che l'assistenza tecnica dispone per i trattamenti sugli impianti frutticoli». Richiesta snobbata. «Le potenti lobbies delle multinazionali della chimica sono capaci di condizionare qualsiasi decisione al riguardo». Al punto che «il principio di precauzione viene, nella pratica, ignorato. E in questo non siamo certo aiutati dai medici preposti dell'Azienda sanitaria» dice Pinamonti, che ricorda alti prodotti pericolosi presenti nei protocolli, come il Captano, presunto cancerogeno, e il diserbante Glifosate. La Provincia, secondo Pinamonti, per garantire sostenibilità e salubrità dell'agricoltura trentina, dovrebbe precorrere i tempi e vietare l'uso di questi prodotti, invece che dipingere una situazione idilliaca. E la Mach, il cui presidente Andrea Segrè , insiste sul concetto di «sostenibilità»m andare nella stessa direzione.