L'eredità milionaria finisce in Tribunale con accusa di falso

Tra immobili, titoli obbligazionari, denaro in contante e gioielli l’eredità lasciata da un’anziana signora di Cles sfiorava gli 800 mila euro. Un patrimonio sostanzioso che, come spesso accade, è finito al centro di una battaglia legale. Da una parte c’è una cara amica della defunta, destinataria - fra l’altro - di una donazione di 200 mila euro e di buona parte dei beni. Dall’altra una cugina milanese, che accusa la donna di avere falsificato l’ultimo testamento olografo della parente e guarda con sospetto alle modifiche testamentarie apportate dall’anziana morta.

Il contenzioso, sfociato in una causa civile, si è concluso con un accordo fra le parti. Ma il processo penale scaturito dalla querela e che vede imputata per falso l’amica della signora - una 60enne della val di Non accusata di aver falsificato l’ultima delle tre scritture testamentarie ereditando così le chiavi di una cassetta di sicurezza e il suo contenuto - va avanti e nelle prossime udienze si procederà con l’audizione dei testi. La difesa, sostenuta dall’avvocato Bonifacio Giudiceandrea, è però decisa a dare battaglia e respinge con forza ogni accusa.

Ma andiamo con ordine. A fare sorgere nella cugina il sospetto che vi fosse qualcosa di anomalo il fatto che, prima di morire - nell’agosto 2012 - l’anziana avesse modificato tre volte le sue volontà testamentarie. C’è un primo testamento olografo, del 28 giugno 2012, con il quale la donna, 87 anni, lasciava un appartamento alla cugina, uno all’amica e disponeva che due terzi dei risparmi andassero alla signora che le era stata vicina e l’aveva assistita durante la malattia e la parte restante, un terzo, alla parente.

Ma il giorno seguente, dunque il 29 giugno, l’anziana aveva firmato un atto di donazione da 200 mila euro per l’amica. Perché modificare le volontà rispetto a quanto stabilito il giorno prima, si è chiesta la parente. Il dubbio che qualcosa non tornasse si è fatto più consistente di fronte alla terza scrittura: il 14 luglio, infatti, l’anziana avrebbe firmato un secondo testamento olografo, con cui disponeva di lasciare all’amica le chiavi di una cassetta di sicurezza e il suo contenuto, ovvero circa 5.000 euro. A quel punto la cugina, che abita a Milano, ha deciso di chiedere un accertamento da parte di un perito sul secondo testamento, che sarebbe risultato apocrifo, dunque non autentico. Da qui la denuncia, nella quale la cugina riferisce anche delle difficili situazioni di salute in cui versava la signora, reduce da un lungo ricovero e affetta da una grave malattia. Insomma, secondo la parente, quando l’anziana decise di lasciare una buona parte dei suoi averi all’amica, il quadro clinico appariva già compromesso, anche sul piano psichico.

Ma l’imputata, come detto, nega con forza di avere falsificato l’ultimo testamento e sottolinea che le volontà delle signora sono frutto di un rapporto vero di amicizia. Un rapporto che l’aveva portata ad assisterla e starle vicina durante la malattia. Circostanza che sarebbe suffragata anche da varie testimonianze, come il fatto che l’anziana non vedesse di buon occhio i parenti milanesi. Non solo. La difesa evidenzia anche come le disposizioni contenute nel secondo testamento, quello per il quale è imputata di falso, riguardino il contenuto di una cassetta di sicurezza, ovvero 5.000 euro, a fronte di un’eredità di quasi 800 mila.

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