«Stalking all'ex dipendente» Accuse a ditta sudtirolese
Dopo lo stalking messo in atto dall'ex incapace di rassegnarsi alla fine di una relazione o quello tra condomini, approda in Tribunale pure un caso di persecuzione - questa almeno è l'accusa - dell'ex datore di lavoro, che non avrebbe digerito la scelta del dipendente di licenziarsi e chiedere il pagamento di tfr e arretrati.
È una vicenda decisamente singolare quella che vede imputati per stalking un 54enne di Bressanone, titolare dell'azienda dove lavorava la vittima e un 43enne napoletano, collaboratore esterno della ditta, entrambi difesi dagli avvocati Marco Salvaterra e Manuel Zanella. I due sono accusati di avere minacciato e molestato con telefonate e sms un trentenne, che si è costituito parte civile.
I fatti sono successi in Valsugana, dove ha iniziato a lavorare la vittima, tra il 14 e il 19 luglio 2012. Il giovane, dopo avere lavorato circa un anno presso la ditta del 54enne, in Alto Adige, ha rassegnato le dimissioni. Una scelta che sarebbe stata dettata anche dalla cattive acque in cui navigava l'impresa, poi fallita.
Il giovane vantava dei crediti: in particolare il titolare non gli avrebbe corrisposto lo stipendio del mese di febbraio e il relativo tfr, oltre al pagamento delle ferie non godute, pari a circa 5.800 euro. Per riuscire a recuperare quelle somme il lavoratore ha deciso di rivolgersi ad un sindacato, affinché lo assistesse nelle pratiche e potesse così avviare il procedimento monitorio al fine di ottenere un decreto ingiuntivo.
L'azienda, però, non solo non avrebbe messo mano al portafoglio, ma l'ex datore avrebbe pure iniziato a spedire al giovane messaggi dal tono intimidatorio, sia per la sua carriera lavorativa che per la vita privata. In luglio, in particolare, l'imputato avrebbe prospettato all'ex dipendente l'intervento delle forze dell'ordine a fronte di una non ben precisata denuncia.
In un altro, la minaccia sarebbe stata più esplicita: «Non mettere più piede sulla terra». Dalla stessa utenza telefonica - che per l'accusa è quella dell'ex datore di lavoro - sarebbe arrivata anche la minaccia di fare avvicinare i genitori da un investigatore privato.
Nei giorni seguenti la vittima sarebbe stata bersagliata da alcune chiamate, da un numero che non conosceva, alle quali non avrebbe risposto. A questo punto sarebbe entrato in scena il secondo imputato, che lo invitava a contattarlo. Prima ancora che la vittima decidesse cosa fare sarebbero arrivati altri sms, nei quali il 40enne minacciava di rivolgersi al nuovo datore di lavoro del giovane per denunciare presunti comportamenti scorretti e illeciti compiuti durante il precedente impiego.
Accuse contenute in una documentazione che l'imputato diceva di essere pronto a recapitare ai carabinieri. Ma il 40enne avrebbe provato a contattare anche l'azienda trentina dove lavorava la vittima.
A confermare che i due imputati agivano di comune accordo, per l'accusa, ci sarebbe anche un messaggio in cui l'ex datore di lavoro lo informava di essere insieme all'altro imputato, prometteva «dolore e sofferenze» e lo metteva in guardia dal compromettere la vita, personale e lavorativa.
Temendo per la sorte dei propri familiari ed anche per la propria incolumità, il giovane ha sporto denuncia. I due imputati sono ora a processo e l'udienza di ieri si è conclusa con un rinvio, ma la difesa respinge le accuse. Nega l'intento intimidatorio e pure che il contenzioso con l'ex dipendente fosse legato alle richieste di denaro. Piuttosto, l'ex datore di lavoro sarebbe rimasto amareggiato dalla scelta del giovane di andarsene in un momento di difficoltà. Insomma, si sarebbe sentito «tradito», anche per avere appreso di presunti comportamenti non corretti nei confronti della ditta.