La pattuglia si era nascosta 80 metri dopo Ma la multa con lo speed check resta valida
La foto scattata dallo speed check - la colonnina per il controllo del rispetto dei limiti - ha rilevato una velocità dell’auto superiore di oltre 10 chilometri orari ai 50 previsti. La donna al volante, però, ha contestato la multa di 169 euro e la relativa sottrazione di tre punti dalla patente perché, passando davanti alla postazione, non ha visto la pattuglia. A distanza di tre anni, l’automobilista si è vista respingere per ben due volte il ricorso, sia davanti al giudice di pace di Tione sia in appello dal tribunale di Trento. Motivo: gli agenti della polizia locale vicino allo speed check c’erano, probabilmente non visibili dalla strada, ma in posizione tale da riuscire comunque a controllare a distanza il corretto funzionamento dell’apparecchiatura.
La ricorso contro la multa era stato presentato dalla donna al giudice di pace il 31 dicembre 2012, contro la polizia locale delle Giudicarie, con sede presso il Comune di Tione. Stando al verbale, l’auto viaggiava a 76 chilometri orari, superiore di oltre 10 chilometri orari al limite previsto in quel tratto di strada. L’automobilista sosteneva che il misuratore di velocità era inserito nella colonnina e per tanto non era possibile verificarne la funzionalità, che non era omologato e che sul posto non era visibile alcuna pattuglia della polizia locale. Il Comune di Tione si era costituito in giudizio.
Con sentenza di febbraio 2014, il giudice di pace ha rigettato il ricorso, evidenziando tra l’altro che l’accertamento era stato legittimamente eseguito ed il relativo risultato provato: lo speed check aveva correttamente misurato la velocità dell’auto e le operazioni svolte dagli agenti della polizia locale erano conformi alle direttive ministeriali.
La donna però non si fermata alla sentenza di primo grado e ha fatto appello, contestando che gli agenti si trovavano ad una distanza di 70-80 metri e che ciò aveva precluso la contestazione immediata dell’infrazione ed una tempestiva verifica della velocità misurata. Nel verbale, tuttavia, la spiegazione c’era: dato che l’apparecchiatura accerta l’infrazione non appena il veicolo è transitato, diventa impossibile frenare il mezzo in tempo utile. Il dispositivo in questione, come è stato evidenziato nel corso del giudizio di primo grado, emette la fotografia dopo circa cinque secondi, non permettendo alla pattuglia di fermare il veicolo, soprattutto in una zona molto trafficata all’entrata del centro abitato, e con manovre che avrebbero potuto mettere a rischio la circolazione oltre che la sicurezza.
Come il giudice Giuseppe Barbato ricorda in sentenza, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva precisato che gli speed check prevedono la presenza degli organi della polizia stradale «nelle immediate vicinanze della postazione, anche se non immediatamente visibili», purché la postazione sia ben visibile e segnalata.
Interpretando le indicazioni dei Ministero che «gli agenti devono posizionarsi a una distanza che consenta loro di esercitare un’efficace azione di vigilanza sull’apparecchio» contro eventuali manomissioni o guasti, il giudice Barbato nella sentenza del 21 dicembre 2015 ha ritenuto che il misuratore di velocità fosse adeguatamente presidiato dagli agenti, in quanto «la distanza che li separava dall’apparecchio non era, infatti, tale da impedire loro di controllarlo e, quindi, di accorrere rapidamente sul posto in caso di necessità».
L’appello dunque è stato rigettato. L’automobilista dovrà rifondere le spese di lite alla parte convenuta, pari a 440 euro. Scontato che ora dovrà pagare anche la multa.