«Dieselgate», le querele per truffa vanno verso l'archiviazione
La conclusione del pm Carmine Russo
Imboccano i binari dell’archiviazione le querele per truffa presentate da quattro automobilisti trentini per il cosiddetto «dieselgate», lo scandalo che ha travolto il gruppo Volkswagen per le emissioni taroccate. La casa automobilistica - questa la conclusione cui è giunto il pm Carmine Russo - con un artificio ha in effetti indotto in errore gli acquirenti, che però non hanno riportato alcun danno, circostanza che fa venire meno il reato di truffa.
«Il vero danneggiato - si legge nelle cinque pagine di motivazioni con cui viene chiesta l’archiviazione per gli ex vertici Volkswagen - è l’ambiente, inteso come parte della biosfera riguardante il territorio nazionale e non i singoli consumatori finali in quanto - a parità di consumi e prestazioni - le autovetture in questione emettevano più ossidi di azoto del dichiarato, ma i querelanti non hanno titolo ad azionare nel processo penale tale tipo di diritto all’ambiente salubre». Ora spetterà al gip decidere se accogliere o meno la richiesta di archiviazione.
La battaglia contro il colosso di Wolfsburg - finito nei guai per l’uso di un software che consentiva di limitare i dati delle emissioni in occasione dei test di prova - era partita proprio da Trento, con una causa pilota promossa dall’avvocato Gigi Olivieri. Nella querela si ipotizzava il reato di truffa per la sussistenza di «artifizi e raggiri» palesi vista la presenza del dispositivo segreto che alterava i risultati. Volkswagen avrebbe causato un danno al querelante, anzi alle migliaia di automobilisti nelle sue stesse condizioni: danno patrimoniale per la sensibile perdita di valore del mezzo, ma anche danno morale perché l’acquirente del veicolo (una Polo) credeva di avere una vettura a basso impatto ambientale e invece non era così.
A questa querela se ne sono aggiunte altre tre (una per frode in commercio, ma la procura ha ritenuto che il fatto andasse qualificato correttamente come truffa), poi riunite in un unico procedimento. Centrale, rispetto ad una ipotesi di truffa, era proprio il profilo del danno denunciato, anche in prospettiva di una vendita futura del veicolo. Ma attingendo ai dati del responsabile analisi di mercato della rivista Quattroruote, la procura scrive: «Il dieselgate non ha modificato le valutazioni di mercato dei veicoli coinvolti». Non solo, nel gennaio 2016, «le immatricolazioni delle autovetture Volkswagen sono aumentate del 20.18%».
In definitiva per la procura, se è vero che gli automobilisti sono stati indotti in errore con «un artificio» su alcune caratteristiche delle vetture acquistate, si deve però escludere la sussistenza di un reato di truffa, «per la preclusiva ragione che nessun danno è stato riportato dagli acquirenti che hanno acquistato una autovettura che comunque è in grado di svolgere la funzione per cui è stata acquistata, che per effetto del comportamento artificioso non ha consumi superiori o prestazioni inferiori al dichiarato, che non corre rischio di subire limitazioni alla circolazione e che allo stato non ha subito neanche deprezzamenti del valore dell’usato».
Da qui la richiesta di archiviazione per il legale rappresentante dell’azienda al momento in cui è scoppiato lo scandalo (Michael Alexander Obrowski) e per il legale rappresentante dell’azienda negli anni in cui sono avvenute le importazioni delle quattro automobili (Rupert Johann Stadler).