In cella da innocente, risarcito dopo 11 anni

di Marica Viganò

Riceverà dallo Stato 40mila euro come indennizzo per aver passato in carcere quattro mesi, più altri due ai domiciliari: oltre 180 giorni in cui venne privato della libertà personale. Dopo undici anni di battaglie legali, un trentino ha ottenuto finalmente il via libera all'indennizzo per ingiusta detenzione. È arrivato il parere positivo della Cassazione, anche se c'è un ultimo cavillo da superare: una «acca» nel nome che non è stata riportata correttamente nelle carte arrivate a Roma, insomma un errore materiale che allunga nuovamente i tempi.

L'uomo, oggi quarantenne con un lavoro ed una famiglia, venne arrestato nel 2002 con l'accusa di spaccio di stupefacenti e poi prosciolto. Si tratta di uno dei 13 casi di risarcimento per ingiusta detenzione, registrati in provincia di Trento nel 2015. I numeri sono forniti dal ministero della Giustizia e dal XXI Rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione: per riparare questa «malagiustizia», i Servizi del tesoro del ministero dell'Economia e delle Finanze lo scorso anno versarono alle vittime «trentine» 222.460 euro netti, su un importo complessivo nazionale di 37milioni di euro, destinati a 1.188 persone arrestate e poi giudicate innocenti.  

La vicenda del quarantenne trentino è probabilmente quella che ha avuto l'iter più lungo e travagliato. «Ora abbiamo avviato le procedure di correzione dell'errore materiale nel nome» spiega l'avvocato Fabio Valcanover, che è sempre stato a fianco dell'uomo nel braccio di ferro con la giustizia e lo Stato. Tutto nacque da un'intercettazione telefonica che gli inquirenti acquisirono nell'ambito di un'operazione antidroga. Sulla base del contenuto di quella conversazione per il trentino, all'epoca studente, scattò l'arresto. Era il 2002. «Venne messo in carcere con l'ipotesi di detenzione ai fini di spaccio, poi prosciolto dal giudice di merito con valutazioni completamente difformi da quelle fornite da chi ha condotto l'indagine circa il contenuto delle intercettazioni telefoniche - spiega l'avvocato Valcanover - Con la sentenza passata in giudicato, abbiamo aperto la procedura per riparazione per ingiusta detenzione. Lo Stato ha però cercato in tutti i modi di spostare in là il momento del pagamento». 

Per anni il fascicolo è rimbalzato fra Trento e Roma, fra corte d'Appello e Cassazione. «Si è cominciato con la resistenza dello Stato nel riconoscere il titolo, ossia il fondamento nella domanda di ingiusta detenzione. Poi è iniziata la lunga discussione sul quantum», spiega l'avvocato Valcanover. L'Appello riconobbe un indennizzo solo per il periodo trascorso in carcere, pari a 36mila euro, e non per i giorni ai domiciliari, a fronte di una richiesta dell'avvocato Valcanover di 60mila euro. La decisione venne impugnata e nell'ultima udienza della corte d'Appello venne indicato in 40mila l'indennizzo per ingiusta detenzione. Importo confermato in Cassazione. La valutazione, del resto, non è così automatica: c'è un elemento oggettivo che riguarda la durata della detenzione, e un elemento soggettivo in merito alla sofferenza che una ingiusta privazione della libertà personale può determinare. 

Errori materiali a parte, la transazione dovrebbe avvenire a breve. A quel punto il quarantenne trentino potrà finalmente lasciarsi alle spalle la triste vicenda giudiziaria che lo travolse quando, da studente incensurato (incensurato lo è tuttora, peraltro), venne accusato di spaccio e si trovò all'improvviso catapultato in un mondo non suo, in una cella in attesa che si facesse chiarezza sulle sue presunte responsabilità.

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