Anziani, dalla Provincia rivoluzione del welfare

Novità per i servizi agli anziani in Trentino

di Domenico Sartori

In attesa della presentazione ufficiale dei risultati del «tavolo di lavoro» che saranno illustrati mercoledì prossimo al Consiglio delle autonomie e ai presidenti delle Comunitdallaà di valle, emergono ulteriori particolari sulle linee operative del futuro welfare per gli anziani. Linee su cui l'assessore alla salute, Luca Zeni , avvierà presto il confronto, territorio per territorio. E solo alla conclusione del percorso la «rivoluzione» potrà tradursi in atti amministrativi e normativi.
Di «rivoluzione» si tratta, soprattutto nell'approccio.


Un unico soggetto per gli accessi.

Dall'analisi compiuta dal «tavolo» coordinato da Giovanni Fosti , il ricercatore del Cergas della Università Bocconi incaricato dalla Provincia, emerge un criterio guida. È necessario puntare su un unico soggetto per governare gli accessi e tenere sotto controllo i costi che generano. Ecco dunque il ripensamento (vedi l'Adige del 12 maggio, ndr) del ruolo dei Pua, i Punti unici di accesso distribuiti sul territorio, che saranno coordinati dalle Apsp, le Aziende pubbliche per i servizi alla persona che gestiscono le Rsa. Non più, i Pua, solo centri di «smistamento» dove gli operatori (sociali, sanitari, educativi) orientano e indicano a chi rivolgersi: ai servizi sociali per l'assistenza domicilio, per la fornitura pasti, etc; all'assistenza domiciliare integrata, attraverso l'Azienda sanitaria o alla Rsa, dopo la procedura dell'Uvm (Unità valutativa multidisciplinare).

Pua, invece, con un ruolo attivo, che prende direttamente in carico chi ha bisogno, definisce un percorso individualizzato e fornisce la migliore risposta possibile, integrando tutti i soggetti e le risorse del territorio: assistenti sociali, operatori di Rsa, la nuova figura, appena presentata, dell'infermiere a domicilio, realtà del terzo settore e pure private, come le badanti con cui le famiglie oggi si arrangiano. Un Pua dotato di un proprio budget. Perché le Apsp, in parte accorpate, quali soggetti coordinatori, anziché l'Azienda sanitaria o la Comunità di valle? Perché, per il mix di competenze sanitarie e sociali che offrono e la copertura del servizio 24 ore su 24, paiono il soggetto più in grado di garantire la governance del nuovo welfare per gli anziani. Un passaggio non facile, perché carica le Apsp di ulteriori responsabilità: saranno loro a metterci la faccia nei confronti delle famiglie prese in carico.

Numeri che allarmano.
Bisogni crescenti e risorse limitate: tra questi due poli si delinea il ripensamento del welfare per gli anziani. Gli over 65 non autosufficienti sono, in Italia, il 18,5%. In Trentino, la stima è che siano il 15,8%. Ma sono destinati a raddoppiare entro quindi anni.

A riguardo degli over 75 non autosufficienti, la previsione è che saranno 20.698 nel 2031. E le risorse non aumenteranno, anzi. Oggi, il sistema Rsa (41 case di riposo) costa 200-210 milioni all'anno: 130 milioni coperti dalla Provincia; 70-80 milioni a carico delle famiglie, solo in parte (20 milioni) supportate dagli assegni di accompagnamento, cui si aggiunge una quota di integrazione dei Comuni. Per le circa 6 mila badanti, la spesa è stimata è di 90 milioni all'anno. Se a queste voci si sommano quelle per l'assistenza sociale (assistenza a domicilio, centri servizi, pasti a domicilio, etc) e quelle per gli assegni di cura, si arriva a oltre 300 milioni l'anno. Che non aumenteranno. Ecco l'obiettivo, quasi una missione impossibile, del nuovo welfare: agli stessi costi, per le famiglie e per l'ente pubblico, garantire nel tempo la tenuta del sistema di assistenza. Nelle regioni migliori, come l'Emilia Romagna, il pubblico ha una capacità di copertura della non autosufficienza che arriva al 25%. Il Trentino fa di più, perché la copertura è tra il 30 e il 35%. Ma non può reggere a medio-lungo termine.

I punti critici della riforma.
La riforma presuppone alcuni passaggi, non scontati: primo, che ogni soggetto (Provincia, Comuni, Azienda sanitaria, Apsp, cooperative del terzo settore, già in allarme per il timore di essere sminuite nel loro ruolo) sia disponsibile a mettersi in discussione, per condividere un approccio unitario; secondo, la definizione dei bacini di utenza. Si pensa al bacino della Comunità di valle, però in modo flessibile: da un lato vi sono Comunità molto estese, come le Giudicarie; dall'altra Comunità, come la Paganella, prive di Apsp-Rsa; terzo, l'unicità del soggetto responsabile. Che vuol dire: o aggregare per fusione Apsp, per zona omogenee (ad esempio le due della Val Rendena); o puntare su un coordinamento, una gestione associata dove una Apsp ha un ruolo di capofila. Una o l'altra soluzione, purché non ci siano costi aggiuntivi.

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