Adesso l'Italia si blinda
Un ristorante a Dacca, un lungomare a Nizza. Luoghi affollati, non presidiati dalle forze dell'ordine. Sono potenzialmente infiniti i target simili in un Paese come l'Italia. Impossibile proteggerli tutti, tenuto conto che le misure di sicurezza sono già spinte al Livello 2, il massimo. Dopo, c'è solo l'attacco in corso. Di questa preoccupazione si è discusso al Viminale: già giovedì alla riunione del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica; poi ieri a quella del Comitato strategico antiterrorismo (Casa) convocata dopo la strage di Nizza. E si è deciso di dare un'indicazione precisa a prefetti e questori: in caso di assembramenti, si valuti la possibilità di chiudere le vie limitrofe, proprio per evitare attacchi con il metodo del «car jihad», come accaduto nella città francese.
Il punto sulla sicurezza dell'Italia dopo l'attacco sul lungomare è stato fatto a Palazzo Chigi col premier Matteo Renzi, in riunione con il sottosegretario all'Intelligence, Marco Minniti. Poi al Viminale, col ministro dell'Interno, Angelino Alfano, che ha presieduto la riunione del Casa: organismo che riunisce settimanalmente 007 e forze di polizia per valutare la minaccia terroristica.
Alla fine è partita la circolare a prefetti e questori, che vengono invitati a «rivisitare» i piani di controllo sul territorio ed a «riqualificare» gli obiettivi sensibili alla luce della nuova minaccia, che prende di mira affollati «soft target». Il documento chiede pertanto di valutare la possibilità di disporre «zone di rispetto e prefiltraggio», nonché, dove possibile, il «divieto di circolazione» ed il «blocco del transito» in prossimità di zone dove è previsto assembramento di persone, come concerti, feste, eventi religiosi, località turistiche. Ci saranno dunque più agenti, anche in borghese, in queste situazioni, mischiati tra la gente. E si impedirà la circolazione, quando sarà ritenuto opportuno.
L'esempio lo ha fatto lo stesso Alfano rispondendo a chi gli chiedeva come si pensa di poter proteggere obiettivi così esposti come quello colpito a Nizza. «Quando era prefetto di Roma - ha ricordato il ministro - l'attuale capo della Polizia, Franco Gabrielli, chiuse via della Conciliazione per il Giubileo, una scelta che suscitò polemiche. Sarà comunque ciascun prefetto a valutare, in base al suo territorio, cosa fare e cosa non fare».
La partita chiave si gioca comunque sul piano della prevenzione, cogliendo per tempo i segnali di pericolo. E non è semplice perché, ha riflettuto il titolare del Viminale, la minaccia è sempre più «liquida», è difficilmente afferrabile, affidata ad attori solitari la cui azione è imprevedibile. «Noi siamo al lavoro giorno e notte per rendere più efficiente il sistema».
È stata anche data l'indicazione di intensificare gli scambi informativi con altri Paesi. Tanti i warning in arrivo, nessuna specifica minaccia. Le analisi d'intelligence indicano comunque un pericolo aumentato dalla nuova strategia dell'Isis di non chiamare più i militanti a combattere in Siria ed Iraq, ma invitarli a colpire negli stessi Paesi occidentali. E la «competizione» con al Qaeda si gioca anche su chi fa gli attentati più sanguinosi. In Italia occhi puntati quindi sul fenomeno dei «returnées», combattenti di ritorno dei teatri di guerra e sulle carceri, luogo ad alto rischio radicalizzazione.
Nella giornata di ieri non si sono registrate - come accaduto invece in passato - esultanze di detenuti alla notizia della strage. Ma ciò può essere anche dettato dalla maggiore prudenza degli islamisti. Monitoraggio attento anche sul web, per registrare eventuali messaggi di sostegno all'attacco terroristico. E si continua con la strategia dell'espulsione dei soggetti sospetti: 99 sono stati allontanati dall'1 gennaio 2015, tra i quali 7 imam. Il problema è stanare i non sospetti, come era l'attentatore tunisino di Nizza, sconosciuto alle forze di polizia ed all'intelligence.