Zecche, otto ricoveri per encefalite Raffica di morsi, Alta val di Non al top
Da inizio stagione sono otto i ricoverati all'ospedale Santa Chiara per encefalite da morso del pericoloso insetto
In Trentino scatta l'allarme zecche. Da inizio stagione sono otto i ricoverati all'ospedale Santa Chiara per encefalite da morso del pericoloso insetto. «Nel giro di un mese e mezzo abbiamo registrato lo stesso numero di casi che, negli ultimi anni, contavamo da fine maggio a ottobre» riferisce il responsabile del reparto di Infettivologia del nosocomio cittadino, Claudio Paternoster.
Una proliferazione straordinaria delle zecche infette, che possono trasmettere all'uomo la malattia. E la colpa sarebbe dell'inverno estremamente mite, con temperature che hanno consentito la sopravvivenza di questi insetti per tutta la stagione fredda. «Esiste una stretta correlazione tra le temperature invernali e le zecche che superano la stagione fredda» riferisce il medico. L'assenza di neve e le temperature che si sono generalmente mantenute sopra lo zero, avrebbero quindi evitato la morte delle zecche, siano esse infette o meno. E la zona da cui proviene la metà dei casi di Tbe è quella dell'Alta val di Non.
A farne le spese sono stati pazienti di età differente, dagli adolescenti alle persone di mezza età o più in là con gli anni. La malattia, che nel 70% dei casi si manifesta con meningite o meningoencefalite, potrebbe causare danni gravi e permanenti, fino alla paralisi nelle situazioni più gravi. I primi casi della malattia furono descritti in Trentino a partire dal 1992, e quest'anno le province con il maggior numero di casi sono proprio Trento, Bolzano e Belluno. «Dal punto di vista statistico, ogni cento punture di zecca si registra un solo caso di encefalite» osserva il dottor Paternoster. Dopo i 50 anni e negli anziani, l'encefalite può comportare i disturbi più gravi, con conseguenze sulla salute che possono durare anche alcuni mesi. I sintomi sono meno importanti invece nei giovani, che superano la malattia dopo qualche giorno di febbre.
Va detto che nella stragrande maggioranza dei casi, la malattia ha un decorso di tipo asintomatico. Il tempo di incubazione è variabile e l'andamento dei sintomi appare in due fasi: dopo un primo episodio simil-influenzale si ha un periodo di relativo benessere della durata di 7-10 giorni, cui segue la malattia vera e propria.
Il consiglio rivolto a chi frequenta abitualmente boschi e prati è dunque quello di vaccinarsi: «Attualmente sono vaccinati a titolo gratuito tutti i forestali della Provincia, mentre il resto della popolazione deve pagarlo (costa 47 euro a trattamento, ndr). A chi frequenta i boschi trentini, forse conviene farlo» afferma il medico. Anche perché, l'area di diffusione delle zecche è ormai estesa a tutto il territorio Trentino: «La maggior concentrazione dei casi riguarda l'Alta val di Non, e in particolare la zona del monte Roen, ma abbiamo avuto casi anche in val di Cembra e valle dei Laghi, che peraltro rappresenta l'area in cui negli anni scorsi si registrava il maggior numero di morsi infetti». In Alta Anaunia si contano 4 degli 8 casi di encefalite: «Sono prevalentemente persone del posto» aggiunge il responsabile di Infettivologia.
Nel contrastare gli effetti delle punture di zecche, il Trentino e l'Italia in generale arrivano in ritardo rispetto ad esempio all'Austria, dove ad esempio per partecipare ai campeggi in montagna, alle famiglie dei bambini viene chiesto obbligatoriamente di vaccinarsi. Qualcuno suggerisce ora di mettere in guardia gli escursionisti dal pericolo zecche, con l'instrallazione di cartelli del tutto simili a quelli che segnalano la possibile presenza dell'orso. Di plantigradi, ad oggi, in Trentino non si è sentito parlare, mentre le zecche stanno diventando l'incubo di chi ama i nostri boschi.