Alle famiglie anche i buoni di servizio Parte dell'assegno per mensa e trasporti
L'obiettivo non è risparmiare, ma garantire maggiore equità. E la Provincia, infatti, non calerà di un euro le risorse a disposizione, che ammontano a 34 milioni di euro. L'idea, però, è quella di non erogare solamente assegni, quindi soldi, ma di puntare (anche) sui buoni di servizio, che spingano le famiglie ad accedere a benefici pubblici, come la mensa o i trasporti.
Va letto in questo senso l'accordo sottoscritto ieri tra Provincia, nella persona dell'assessore Alessandro Olivi , e sindacati, con Franco Ianeselli della Cgil, Lorenzo Pomini della Cisl e Walter Alotti della Uil. Per ora si tratterà solo di una sperimentazione, ma va letto come un primo step di una serie di passaggi volti a migliorare, o meglio ad attualizzare, il sistema di welfare trentino. Entrando nello specifico, il nuovo sistema prevede che l'importo mensile dell'assegno regionale venga scomposto in due quote: accanto alla «quota libera», che continuerà a essere erogata in forma monetaria senza alcun vincolo di destinazione, ce ne sarà una seconda, pari al 30%, che verrà data in forma monetaria una volta verificato che il genitore/beneficiario dell'assegno regionale abbia consumato/acquistato per i propri figli alcuni servizi.
Traducendo e semplificando, su 100 euro, 66 continueranno a essere dati cash, mentre per avere gli altri 33 bisognerà dimostrare di averli utilizzati per la mensa o i trasporti. Inizialmente per far mangiare e far spostare i propri pargoli, perché in un secondo momento le famiglie potranno utilizzare quella cifra anche per servizi di tipo formativo, educativo, sportivo, sanitario o di conciliazione, ovvero il corso di chitarra, di nuoto o le cure per la scoliosi. Quei 34 milioni interessano circa 28 mila famiglie trentine, ma non tutte saranno coinvolte in questa sperimentazione, che riguarda i ragazzi che frequentano elementari, medie e superiori, quindi tra i 6 e 18 anni.
«D'intesa con i sindacati ? ha spiegato Olivi ? lavoriamo per costruire un welfare più moderno e avanzato, capace di andare oltre la mera erogazione di denaro e di incentivare le famiglie ad avvalersi dei servizi pubblici. Riusciamo così a perseguire alcuni obiettivi di interesse generale, subordinando l'utilizzo del sussidio pubblico a consumi socialmente responsabili, come quello di fornire ai ragazzi un sano regime alimentare e occasioni di maggiore socializzazione e quello di ridurre il trasporto privato. L'obiettivo, inoltre, è di ampliare quella quota del 30%, offrendo l'accesso a una gamma più ampia di servizi».
Dal nuovo sistema, che sarà introdotto in via sperimentale a partire dal 1° gennaio 2017, saranno esclusi i nuclei familiari con figli disabili e quelli esclusivamente con figli in età prescolare o esonerati dall'obbligo scolastico, nonché i nuclei in cui sono presenti contestualmente figli di età inferiore e superiore all'obbligo scolastico. Il protocollo prevede, inoltre, che saranno puntualmente monitorati gli effetti della sperimentazione sulla spesa complessiva per l'assegno regionale al nucleo familiare, garantendo che ogni risorsa non trasferita alle famiglie in virtù del nuovo meccanismo di condizionalità sia reinvestita in analoghe politiche di sostegno al reddito delle famiglie.
Come accennato, si tratta di un primo passo. Nel protocollo firmato ieri risulta quindi particolarmente interessante l'ultimo capoverso: «attivare contestualmente un tavolo di confronto tra Provincia e sindacati sul complesso dei sostegni al reddito delle famiglie con figli, per definire un'articolazione delle misure che non penalizzino le famiglie con massimo uno o due figli e per armonizzare i regimi tariffari dei servizi educativi alla prima infanzia tra asilo nido, tagesmutter e scuole per l'infanzia». Novità in vista, quindi, anche per i bambini più piccoli, o meglio per i portafogli dei loro genitori.