«La vita messa in pericolo da una foto»
La madre di una 15enne ricattata sul web: «Così ho salvato mia figlia»
Una ragazza interessata allo studio ed equilibrata, senza grilli per la testa e con una solida famiglia alle spalle. Poi la classica «cotta» adolescenziale per un amico, l'attenzione che cala un po' durante le lezioni e una voce che si insinua nella testa: è la frase della compagna di classe che le dice «Te la sei cercata. Se fossi in te sparirei». Colpa di una fotografia intima inviata al fidanzatino e poi da lui diffusa attraverso i social network, con la minaccia: «Se non me ne mandi altre, lo faccio ancora». L'idea di farla finita si insinua come una spina nella studentessa, che ha appena 15 anni. «L'ho salvata all'ultimo momento. Suo padre ed io ci siamo accorti che qualcosa non andava e quella mattina l'ho voluta seguire mentre andava a scuola - racconta la madre - l'ho vista appoggiare lo zaino a terra, sul cavalcavia, prendere in mano il cellulare, scrivere un messaggio, e poi cercare di arrampicarsi per scavalcare la rete di protezione. Il messaggio era per me: era un addio. Ero a distanza, ho gridato, l'ho chiamata per nome e lei si è fermata, è scoppiata a piangere. Abbiamo deciso di fare denuncia e di raccontare la storia».
Quanto accaduto è al vaglio della procura dei minori, dato che sia la studentessa che l'amico hanno meno di 18 anni. «Mia figlia è sempre stata una ragazza tranquilla ma forte - spiega la donna - tuttora vuole andare avanti con lo studio e con la propria vita, ma quanto è accaduto l'ha destabilizzata. La scuola non ha fatto molto: alcuni insegnanti hanno capito, altri no. Non è stato attivato un percorso personalizzato. Ha perso l'anno e stiamo valutando di iscriverla ad un istituto privato, dove possa trovare un ambiente protetto per ritrovare la serenità».
La mamma, nel ripercorrere quei drammatici momenti, vuole dare un messaggio ai genitori ed agli stessi ragazzi. «La colpa non è dei telefonini. Vietarne l'uso significa escludere dal mondo, da una vita sociale normale. La tecnologia permette agli adulti di avere un controllo sull'utilizzo dei cellulari da parte figli minori. Il telefonino è uno strumento utile e bello se si usa correttamente - evidenzia - Gli adulti però devono capire che i figli possono fare delle sciocchezze e prendersi le proprie responsabilità: da parte dei genitori del ragazzo che ha divulgato le foto di nostra figlia non abbiamo ricevuto nessuna parola né di scuse né di interessamento. Inoltre ai ragazzi dico di pesare bene le azioni che fanno e anche le parole che dicono. L'amica che ha svelato a mia figlia che la foto era stata divulgata non ha avuto alcuna parola di conforto, anzi: quando mia figlia le ha chiesto aiuto, le ha risposto attraverso messaggi che questa situazione se l'era cercata, di arrangiarsi e di sparire. I ragazzi sono il primo riferimento dei coetanei e per questo motivo devono comprendere il peso delle parole».
La vicenda risale all'inizio di febbraio. «Mia figlia, non appena aveva saputo che la sua foto era stata inviata ad altri ragazzi, aveva chiesto aiuto all'amica che le aveva dato la notizia e che era una sua compagna di classe: si era confidata ma le era caduto il mondo addosso quando le era stato consigliato di "farla finita". Non voleva più andare a scuola - racconta la donna - E poi c'era il ragazzo che la minacciava. Come abbiamo ricostruito in un secondo momento, è stato a quel punto che in lei è avvenuto un profondo cambiamento: era diventata silenziosa, cupa. Suo padre si era accorto che non stava bene. Una sera ho visto che il suo zaino era vuoto, che non aveva preparato i libri. Mi aveva mandato un messaggio: "Non sono la figlia che avete voluto". La mattina seguente quando è uscita di casa per andare a scuola mi sono infilata le scarpe e l'ho seguita a distanza. Sono intervenuta in tempo. Lei è scoppiata a piangere e mi ha raccontato tutto. Nel leggere la storia della donna di 31 anni che si è tolta la vita a Napoli per un video diffuso in internet, ho rivissuto il dramma di quella mattina di febbraio sul cavalcavia. E mi chiedo cosa sarebbe potuto accadere se suo padre non avesse notato il cambiamento di umore e se io non avessi seguito mia figlia quella mattina. Tutti devono sapere che c'è sempre una strada per uscire dal tunnel. Ai figli bisogna parlare, anche dei rischi legati all'utilizzo di internet. Bisogna che in famiglia si instauri un rapporto di fiducia e che gli adulti imparino a conoscere i social network meglio dei figli».