Violenza sessuale su una ragazzina di 13 anni Vicino di casa condannato a 4 anni
Pena pesante, ma in caso di condanna non poteva essere altrimenti vista la gravità dell’accusa, per il padre di famiglia accusato di violenza sessuale su una 13enne figlia di vicini di casa. Ieri, al termine di un combattuto processo celebrato con rito abbreviato, il giudice Francesco Forlenza ha condannato l’imputato a 4 anni di reclusione più il pagamento di una provvisionale di 30.000 euro.
La vicenda è terribile da qualsiasi prospettiva la si voglia guardare. Nell’ottica dell’accusa (sostenuta dal pm Alessia Silvi), e della parte civile (con gli avvocati Romina Targa e Maria Gabriella Gallevi) la ragazzina era stata costretta a subire un rapporto sessuale completo da parte di un uomo di cui si fidava perché amico del padre. Un trauma che solo dopo molti mesi la minorenne ebbe la forza di confidare alle persone che le erano più vicine. Ma è terribile vista anche nella prospettiva, opposta, della difesa (sostenuta dall’avvocato Lorenzo Eccher): secondo l’imputato la violenza sessuale sarebbe totalmente inventata, si tratterebbe dunque di una calunnia pesantissima per un uomo sposato con due figli, incensurato, dipendente di una società di trasporti. Ma il giudice, va sottolineato, ha ritenuto credibile il primo scenario, dando pieno credito alla ragazzina.
Il fatto risale al luglio del 2013. La vittima, residente con la madre al Sud, all’epoca trascorreva un periodo di vacanza con il padre che dopo la separazione aveva costruito una nuova famiglia in Trentino. Nella casa a fianco viveva un altro nucleo familiare con cui l’uomo aveva ottimi rapporti. Così, quando un giorno si dovette assentare per lavoro, chiese al vicino di tenere un occhio sulla figlia 13enne che rimaneva a casa. A distanza di molti mesi la ragazzina raccontò che l’odierno imputato le chiese se poteva dargli una mano a montare una finestra.
Lei accettò perché si fidava del vicino. L’uomo però l’avrebbe condotta in camera da letto per tutt’altra ragione: chiuse la porta a chiave e violentò la minorenne. «Ricordo solo un grande dolore...», ha riferito la vittima durante la deposizione raccolta in forma protetta.
Il processo si giocava sull’attendibilità, o meno, della giovane parte lesa. L’avvocato Eccher ieri nella sua arringa ha cercato di mettere in fila le incongruenze emerse nelle varie deposizioni fatte dalla 13enne, ma anche nelle testimonianze di chi aveva raccolto le sue prime, dolorose confidenze. Il difensore ha sottolineato come ci siano insanabili contraddizioni rispetto alla collocazione spazio-temporale del presunto stupro. Anzi, non ci sarebbe chiarezza neppure sul numero di violenze sessuali: prima più episodi, poi tre e infine un unico fatto indicato nel capo di imputazione.
Al contrario, secondo accusa e parte civile il racconto della ragazzina è lineare, credibile e riscontrato da alcune circostanze: l’indagato si trasferì poco dopo la presunta violenza, il sanguinamento che la ragazzina ebbe quel giorno confermerebbe lo stupro e una visita ginecologica, fatta però a distanza di mesi, ha certificato l’avvenuto rapporto sessuale.
Il caso di certo non si chiude così. «Sono convinto - dice l’avvocato Lorenzo Eccher - che si tratti di una sentenza profondamente ingiusta, Credo che nei successivi gradi di giudizio emergerà l’assoluta estraneità del mio assistuito a tutte le accuse».