Individuato il pirata che ha travolto Cappelletti
«Ho avuto paura. Ho pensato a mia madre»
«Ho avuto paura. Ho pensato a mia madre».
Ha ammesso le proprie responsabilità l’automobilista convocato sabato in questura e sentito fino a notte inoltrata. Nel corso del lungo interrogatorio ha dichiarato di essere stato lui, lunedì scorso, a urtare con la sua Punto blu la bicicletta del dottor Fabio Cappelletti, 62 anni, stimato medico di base e omeopata di San Michele all’Adige, e di non essersi fermato perché colto da panico: aveva paura che la madre, di cui lui si prende cura in prima persona, sapesse tutto; sapeva di aver sbagliato perché si trovava al volante di un’auto non assicurata e perché era senza patente (il documento di guida gli è stato revocato alcuni anni fa). Pioveva quella sera e il tratto di statale in cui è avvenuto l’incidente, a San Michele all’altezza del mobilificio Lochner, è poco illuminato. Erano passati pochi minuti dopo le 19 e il medico stava attraversando la strada per raggiungere casa, dopo una giornata di lavoro al suo ambulatorio di Grumo.
L’automobilista, operaio 42enne residente e Mezzocorona, forse non immaginava che l’incidente avesse avuto un drammatico epilogo. Ma alcuni istanti dopo l’urto, quando la Punto si era ormai allontanata in direzione Trento, il ciclista sbalzato sulla corsia di marcia opposta era stato centrato e trascinato per alcuni metri da un’Audi A3. Inutile ogni tentativo di soccorso: il corpo del dottor Fabio Cappelletti era stato coperto pietosamente con un telo bianco.
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È stato il giorno dopo l’episodio, nel vedere i giornali, che il quarantenne si sarebbe reso conto della gravità dell’accaduto: si è fatto accompagnare da un amico a Brescia per acquistare uno specchietto usato compatibile con quello perso nell’urto e ha sistemato la sua vecchia Punto di colore blu, cinque porte, acquistata da un privato un mese fa per poche centinaia di euro. Quando gli agenti della polizia stradale si sono presentati a casa sua - in una delle tantissime verifiche effettuate nei giorni scorsi ai possessori di Fiat Punto di colore scuro - la macchina sembrava in ordine, ma è stato lui stesso a tradirsi spiegando che il mezzo non si era mai mosso dal garage.
Peccato che, dalle telecamere situate in centro a Trento, la stessa auto sia stata notata transitare la mattina di lunedì, poche ore prima dell’investimento. Quella bugia non era piaciuta agli agenti, che hanno voluto verificare con un secondo sopralluogo nel garage dell’uomo se i due frammenti di vernice blu grandi come mezza unghia e ritrovati sul luogo dell’incidente potessero appartenere a quell’auto. Come in un puzzle, i pezzi sono stati sovrapposti a due graffi del paraurti blu dell’auto: erano perfettamente compatibili.
Sabato mattina l’auto è stata prelevata da un carroattrezzi e portata in questura, posta sotto sequestro per accertamenti; l’uomo è stato ascoltato a lungo e, sebbene inizialmente abbia negato la sua presenza sul luogo dell’incidente, incalzato dalle domande degli investigatori ha ammesso le proprie responsabilità e ha deciso di collaborare. Assistito dall’avvocato di fiducia Cristian Pedot, è stato sentito dal procuratore capo Marco Gallina e dalla pm Licia Scagliarini. L’interrogatorio si è concluso alle due di notte. Omicidio stradale con l’aggravante dell’omissione di soccorso è l’accusa di cui dovrà rispondere l’operaio, ora indagato a piede libero.
Gli accertamenti non sono ancora conclusi. Gli agenti della polizia stradale stanno ricostruendo l’esatta dinamica dell’incidente, in attesa anche dei risultati dell’autopsia effettuata sabato mattina sul corpo della vittima. L’esame medico-legale dovrebbe stabilire se il decesso sia stato causato dal primo impatto con la Punto o dal secondo con l’Audi A3 che viaggiava in direzione contraria.
La famiglia del medico è stata tenuta al corrente delle indagini. «Il lavoro della polizia è stato eccezionale. Per noi, con l’identificazione della persona che si trovava alla guida della Punto, si chiude un cerchio dal punto di vista della giustizia. Come famiglia chiediamo chiarezza e giustizia, ma non vendetta - spiega la signora Mirella Dallabona, moglie del dottor Cappelletti - Il resto appartiene alla sfera personale, privata della nostra famiglia». Una riflessione che racchiude il pensiero dei figli Chiara, Alessandro e Federico.
Per la data del funerale si attende il nulla osta della procura. Il giorno delle esequie a San Michele sarà lutto cittadino.
LA SOLUZIONE DEL CASO: 2 SCHEGGE DI VERNICE
Due schegge di vernice lunghe mezzo centimetro. La svolta nelle indagini c’è stata stata grazie a quei due «riccioli» di carrozzeria, uno finito sull’asfalto, e l’altro che si è depositato sulla bicicletta, raccolti con una pinzetta dalla polizia stradale di Predazzo nel corso dei rilievi di quel drammatico incidenti, lunedì sera. Gli investigatori hanno verificato che combaciassero con i due graffietti, quasi impercettibili, sul paraurti di un’auto immatricolata vent’anni fa, trovando così la «prova regina»: nonostante i tentativi del proprietario di negare qualsiasi coinvolgimento nell’episodio, è stato possibile determinare con certezza che si trattava della vettura che ha urtato la bicicletta del dottor Fabio Cappelletti. Un risultato eccezionale, tenendo conto che attualmente circolano nelle province di Trento e di Bolzano 1.300 Fiat Punto di colore scuro immatricolate fra il 1993 ed il 1999, anni in cui venne prodotto e commercializzato quel particolare modello a cinque porte; il cerchio si era successivamente stretto attorno a 50 auto.
Ci volevano delle prove in grado di confermare gli indizi e gli investigatori hanno messo in campo tutta la loro esperienza e la loro professionalità nell’affrontare il caso, a partire dalla perizia con cui la polizia stradale ha effettuato i rilievi dell’incidente, sotto la pioggia e cercando qualsiasi possibile traccia della macchina fuggita dopo l’investimento e di ogni elemento utile per risalire all’automobilista pirata. Con meticolosità sono state analizzate le Fiat Punto vecchio modello rintracciate a Trento ed in Rotaliana negli ultimi giorni.
Tre gli elementi fondamentali nell’indagine: lo specchietto retrovisore sinistro perso nell’impatto contro la bicicletta (che conteneva il codice di omologazione), un frammento del vetro dello specchietto che riportava un numero riconducibile al modello vecchio della Punto, le schegge della carrozzeria della macchina investitrice ritrovate sulla bici e sull’asfalto, di colore scuro contenenti qualche riflesso blu.
Tutte le forze sono state messe in campo, 24 ore su 24, alla ricerca del «pirata della strada». Per supportare nell’attività di indagine la polizia stradale è stato creato un pool investigativo formato dagli uomini della squadra mobile, coordinati dal vicequestore Salvatore Ascione, e dai carabinieri del reparto operativo provinciale, guidati dal capitano Andrea Oxilia. Sono stati osservati i filmati delle telecamere pubbliche e private situate lungo la statale del Brennero, a San Michele e nel paesi vicini come Zambana e Lavis, ed a Trento; nel frattempo gli investigatori hanno incrociato i dati della Motorizzazione sulle immatricolazioni di Fiat Punto fra il 1993 ed il 1999 con i segnali delle celle telefoniche che servono la zona di San Michele nei minuti precedenti e successivi all’incidente.
Settecento numeri di telefono erano connessi in quel lasso di tempo nella zona.
Numerose sono state le segnalazioni ed ancora una volta è stato fondamentale l’aiuto dei cittadini.
Gli investigatori sono arrivati al 42enne di Mezzocorona nel corso dei controlli avvenuti direttamente al domicilio delle persone che risultavano in possesso di una vecchia Fiat Punto di colore blu. La sua auto, acquistata lo scorso settembre da un privato, non era assicurata e non poteva quindi circolare. L’operaio aveva subito negato che il mezzo fosse mai uscito dal suo garage.
Egli stesso non si sarebbe mai potuto mettere al volante, perché senza patente da anni: prima la sospensione per uso di sostanze stupefacenti, poi la revoca perché sorpreso a guidare senza il documento di guida. Il controllo venne effettuato proprio dalla polizia stradale, nel medesimo tratto di strada in cui lunedì si è verificato il drammatico incidente.
«NON CORREVA, POCA ILLUMINAZIONE»
Mentre è al vaglio della procura la posizione del secondo automobilista coinvolto, il conducente della Fiat Punto è accusato di omicidio stradale ed omissione di soccorso. «Si è trovato nel panico, non avendo né la patente di guida né l’assicurazione dell’auto - spiega l’avvocato Cristian Pedot, legale di fiducia del 42enne indagato - In sede di interrogatorio abbiamo dato la nostra versione dei fatti, limitandoci a ciò che il mio assistito ha visto. Cosa è successo dopo non lo sa».
Il conducente dell’auto «pirata» è stato sentito fino a notte inoltrata. «Si è accorto dell’urto, ma non correva. In quel tratto c’è una situazione un po’ compromessa dal punto di vista della visibilità, c’è poca illuminazione - prosegue l’avvocato - Ha detto di aver visto il ciclista, ha tentato di scartarlo ma non c’è riuscito e ha preso la bicicletta nella parte posteriore. Per l’urto la vittima è stata sbalzata dalla sella». Sui motivi che avrebbero spinto l’uomo a scappare, l’avvocato evidenzia: «C’è un aspetto emotivo da tenere in considerazione. Ma poi ha ritenuto di collaborare».
La dinamica dell’incidente non sarà completa fino all’arrivo dei risultati dell’autopsia, ma grazie all’identificazione (ed all’analisi della carrozzeria) dell’auto pirata la polizia stradale può aggiungere nuovi tasselli alla ricostruzione dell’accaduto. L’esterno della Fiat Punto blu sequestrata non riporta tracce evidenti dell’investimento: a parte le due schegge del paraurti, il resto della carrozzeria ha i segni del tempo, di una vettura immatricolata vent’anni fa.
Il fanale anteriore non è rotto come si era ipotizzato in un primo momento (i vetri sull’asfalto apparterrebbero tutti all’altra macchina coinvolta). L’urto sarebbe avvenuto fra la parte anteriore sinistra della Punto e la parte posteriore della due ruote. Per l’impatto, la bici sarebbe ruotata di 90 gradi e lo specchietto sarebbe stato divelto dall’urto con il corpo del medico, poi sbalzato sul lato opposto della strada. Naturalmente si tratta di una prima ricostruzione, che dovrà essere confermata dai successivi approfondimenti.