«Pillolone» trentino per cardiopatici Lo studio internazionale, c'è anche Villa Bianca
Anche il Trentino, grazie a Villa Bianca, fa parte del progetto di ricerca e sperimentazione scientifica coordinato in Italia dall'Istituto Mario Negri di Milano che potrebbe rivoluzionare la qualità della vita di migliaia di pazienti.
Spieghiamo utilizzando termini ben poco scientifici, per chiarezza: l'idea è quella di un «pillolone», ovvero un mix di compresse che faciliterà le persone che devono prendere determinate medicine. La tipica frase di un medico «mi raccomando la pillola bianca la mattina, a stomaco pieno, quella verde dopo il pasto, quella gialla la sera. E ogni giorno, non si dimentichi», resterà solamente un ricordo, perché i dottori potranno prescrivere un'unica pillola.
Il tutto riguarda la cardiologia e le persone colpite da un evento acuto al cuore, come l'infarto, o che sono state sottoposte ad angioplastica: in Italia si parla di almeno due milioni di pazienti cardiopatici, in Trentino di alcune migliaia. E i numeri sono in costante aumento. Tantissime persone, quindi, trarrebbero enormi benefici dal «pillolone». Questo perché la cosiddetta aderenza alla terapia, ovvero quanto i pazienti rispettino le prescrizioni, è un grande problema: «I dati dicono - spiega il direttore del reparto di cardiologia di Villa Bianca Carlo Stefenelli - che il 50% delle persone, una volta uscite dal reparto di Unità coronarica, dopo sei mesi smette di prendere i farmaci. E sospendere una terapia può essere più dannoso che non iniziare nemmeno a farla. Su questa scarsa aderenza incide molto il numero di medicinali che si devono assumere, spesso in tempi e modi differenti. E poi non va dimenticato che in molti casi si tratta di persone anziane, che faticano a rispettare le indicazioni per motivi come la memoria o il vivere da soli».
Sul perché Villa Bianca prenda parte a questa sperimentazione internazionale, Stefenelli è chiaro: «Teniamo molto alla ricerca e alla divulgazione scientifica. Più in generale un mio pallino è la medicina non invasiva, che deve essere una vera e propria filosofia: nella fase diagnostica si tende a irradiare troppo la popolazione, con le radiazioni ionizzanti che, in molti casi cardiologici possono essere sostituite con l'eco stress. La stessa attenzione alla qualità della vita dei pazienti la abbiamo nella fase terapeutica: ecco perché siamo orgogliosi di prendere parte alla ricerca per la poli-pillola, altrimenti "pillolone". Siamo già stati al comitato etico dell'Azienda Sanitaria, che ha approvato e anzi stimolato alla partecipazione. E siamo in contatto, a proposito di sanità pubblica, con il primario di cardiologia Roberto Bonmassari».
Chiariamo subito: la novità non è ancora in commercio. E sui tempi non ci sono certezze, ma la fiducia è alta. «Siamo entrati nella seconda fase, ovvero lo studio internazionale "Secure" - conferma il dottor Gianni Cioffi, che segue la ricerca scientifica a Villa Bianca -, dopo la ricerca detta "Focus", che ha analizzato i pazienti meno aderenti. Adesso verranno prese in considerazione 3.206 persone che hanno avuto un infarto miocardico, arruolate in Italia, Spagna, Germania, Francia, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca: 1.603 useranno la nuova pillola, altrettanti la terapia standard. Se i risultati saranno di un certo tipo la poli pillola diventerà, tra qualche anno, realtà».
L'idea, pensandoci, potrebbe apparire piuttosto ovvia, addirittura banale. E quindi perché il «pillolone» per le patologie cardiovascolari non è stato fatto prima? La «colpa» va cercata in questioni economiche e di business delle grandi case farmaceutiche: vendere tre prodotti è diverso da venderne uno solo.
Capitolo costi. Le singole pillole, ovvero aspirina, statina e aceinibitore (per i più preparati, acido acetilsalicilico, atorvastatina e ramipril) sono in classe A e il relativo costo è a carico dello stato. Il «pillolone», quindi, quando verrà commercializzato, non sarà una medicina per ricchi.
«Noi medici - concludono Stefenelli e Cioffi - non dobbiamo solo prescrivere, ma anche controllare. Stiamo coinvolgendo i medici di base, affinché spieghino e sensibilizzino i pazienti su questa futura possibilità. Si tratta dell'ennesima ricerca alla quale prendiamo parte e non ci fermeremo certo qui».