Violentò e minacciò l'ex condannato a 6 anni
La difesa dell'uomo ha sempre sostenuto che la donna era stata consenziente
In primo grado il giudice lo aveva condannato per violenza privata a poco più di un anno di reclusione. In appello è stata riconosciuta anche la violenza sessuale e per l'uomo, di origine albanese, la pena da scontare è diventata decisamente più aspra. 6 anni e quattro mesi per aver costretto con le minacce la sua ex compagna a recarsi con lui in un albergo della città e per averla poi violentata. La difesa dell'uomo ha sempre sostenuto che la donna era stata consenziente. È vero che si era presentata alla reception dell'hotel e aveva anche pagato lei la stanza - ha invece sostenuto l'accusa - ma solo perché lui, durante il tragitto, le aveva mostrato un coltello che teneva sotto la giacca e le aveva fatto intendere che se non avesse accettato le sue richieste avrebbe fatto del male al fratello più piccolo di lei, che vive in Albania. Il tutto mentre con loro c'era anche il figlio, di poco più di un anno.
Un incontro, tra i due, che la donna aveva accettato di avere solo per consentire all'uomo di vedere il figlio. Nessuna voglia di riconciliarsi, assolutamente nessun ripensamento per quel rapporto che aveva troncato proprio in seguito a dei maltrattamenti. Del resto come come poteva essersi pentita di essere scappata da un uomo che l'aveva costretta a bussare alla porta di una casa rifugio per trovare riparo e fuggire alle violenze?
Le loro strade si erano separate, non si erano più visti per molto tempo. Lei però non si era opposta agli incontri, in ambiente neutro e protetto, tra il padre e il figlio che le era stato affidato. È stato proprio dopo uno di questi incontri che lui l'ha seguita, l'ha avvicinata alla presenza del figlio e minacciandola con un coltello nascosto l'ha convinta a recarsi in un hotel di lusso della città dove sempre lei è stata costretta a prendere e pagare la camera. Tutto è stato immortalato dalle telecamere a circuito chiuso. Dentro la stanza, con il bambino che assisteva alla scena, lei non ha potuto e voluto urlare o opporsi alle volontà del suo ex compagno. Ha subito la violenza come l'ennesima umiliazione di quel padre padrone di cui un tempo era innamorata. Lo ha fatto in silenzio per evitare che il figlio rimanesse sotto shock. Una volta fuori, però, ha subito chiamato le persone di fiducia della casa rifugio e, al sicuro, ha raccontato tutto quanto era accaduto. La violenza subita, l'umiliazione, la paura.
In primo grado il giudice Miori ha condannato l'uomo per la sola violenza privata. L'appello è stato proposto sia dal pm, che dalla parte civile sostenuta dall'avvocato Chiara Sattin. Appello che ha radicalmente cambiato la condanna. La versione della vittima, che più volte ha ripetuto di aver accettato l'incontro in terreno neutro prima e di aver poi seguito l'ex solo per paura e per il fatto che era presente il bambino e non voleva traumatizzarlo, è stata creduta.