Emergenza freddo: a rischio posti per senzatetto E 70 profughi dormono da mesi all'aperto
La più prevedibile delle emergenze sta per tornare. Puntuale come sempre, con l'arrivo di autunno prima e inverno poi, torna il problema dell'accoglienza invernale dei senzatetto. Centinaia di persone, trentine, italiane e straniere che cercano un tetto e un luogo riparato dove trascorrere le notti. Questo pomeriggio è in programma il tavolo dell'inclusione: Provincia, Comune, associazioni, cooperative sociali si siederanno per fare il punto della situazione. Per contare le strutture e quindi i posti letto sui quali poter fare affidamento. Per poter calcolare quello di cui ci sarà bisogno, sia a livello di volontari sia da un punto di vista economico. La speranza dell'amministrazione è quella di poter garantire gli spazi dell'anno scorso, che furono circa 200 tra Trento (150 circa) e Rovereto (50 circa). Ma ad oggi l'allarme degli operatori della solidarietà è alto: a rischio, infatti, ci sono (o meglio c'erano, considerato che dalla Provincia assicurano che tutto è risolto) tre delle sei strutture. In città sono attive ormai da anni l'opera Bonomelli in lung'Adige san Nicolò, la Casa della giovane in via Prepositura, il dormitorio del Punto d'Incontro e Casa Papa Francesco in via Santa Croce, Casa Maurizio in via del Commercio e Casa Paola al Belvedere di Ravina.
La prima buona notizia riguarda la Bonomelli: le porte della casa resteranno aperte anche quest'inverno. In un primo memento pareva che fosse necessario un trasferimento, se non una chiusura. «Ancora per quest'anno quei posti letto saranno a disposizione» assicura il dirigente provinciale Silvio Fedrigotti. «Effettivamente c'è stato un po' di allarme, pareva fossero necessari dei cambiamenti, ma per la stagione fredda 2017/2018 la Bonomelli ci sarà».
Le altre due strutture in dubbio sono Casa Maurizio e Casa Papa Francesco: alla prima non è stato rinnovato il contratto d'affito da parte del proprietario, ma una soluzione è al vaglio. La seconda vedrà scadere l'affitto a fine mese, ma sembra probabile un rinnovo. Una soluzione alcuni operatori l'avrebbero individuata nella struttura delle Figlie di San Paolo in via Bezzecca, un'enorme casa-convento chiusa ormai da tre anni e in vendita, ma evidente a cifre non alla portata di associazioni di volontariato. Un'idea che prababilmente verrà buttata sul tavolo anche questo pomeriggio, nella speranza che la politica la sposi.
Per quanto riguarda gli altri «rifugi» per senzatetto nessuna novità: il Comune di Trento in una delibera della settimana scorsa ha concesso nuovamente in subcomodato gratuito alla Cooperativa Sociale Villa S. Ignazio per sei mesi, dall'1 novembre al 30 aprile 2018, parte della palazzina in via San Giovanni Bosco da destinare all'accoglienza di persone in difficoltà.
I rifugi per senzatetto sempre al limite fanno parte di una precisa strategia: la paura, in sostanza, è quella di fare troppa accoglienza e quindi di diventare «attrattivi» per clochard e disperati di città vicine, favorendo una sorta di «turismo della solidarietà». Un ragionamento che viene fatto anche nelle altre città d'Italia, con il risultato che ogni inverno (a Trento, per ora, fortunatamente no) le persone si trovino a dormire per strada.
La gestione degli spazi sarà coordinata anche quest'anno dalla Provincia, attraverso lo sportello unico per l'accoglienza delle persone senza dimora di via Endrici. L'apertura è prevista per i primi giorni di novembre, ma una decisione definitiva verrà presa a seconda delle condizioni meteorologiche.
Ipotizzare un numero di persone che avranno bisogno di un tetto durante la stagione fredda non è possibile: l'anno scorso la macchina della solidarietà funzionò bene e non si registrarono particolari problematiche. Un'incognita quest'anno è rappresentata da un folto gruppo di richiedenti asilo che, per questioni burocratiche, non sono entrati a far parte del sistema di accoglienza. Si tratta di una settantina di persone che al momento dormono all'aperto, la maggior parte al parco Santa Chiara, ma che tra qualche settimana, inevitabilmente, saranno costrette a bussare alle porte dell'accoglienza.
RICHIEDENTI ASILO SENZA UN TETTO
Quelli «conosciuti», per aver manifestato pubblicamente la propria situazione già in un paio di occasioni, sono più o meno 35. Ma in realtà il numero di persone che si trova nella loro situazione è almeno doppio. Si tratta quindi di circa 70 richiedenti asilo che però non fanno parte del circuito «ufficiale» dell'accoglienza, ovvero non presi in carico dal Cinformi, per intedersi. Vivono a Trento e dintorni, chiedono di essere riconosciuti come richiedenti asilo, ma non essendo arrivati con i barconi e quindi identificati a livello nazionale e poi «distribuiti» sul territorio, non riescono ad avviare il proprio iter. Alcuni arrivano dal nord Europa, e sono costretti a dormire all'aperto, la gran parte al parco Santa Chiara, in condizioni igieniche precarie e, con l'arrivo del freddo, la loro salute è a rischio. Il tema è stato sollevato anche da Vincenzo Passerini all'indomani della tragica morte di Adan, il ragazzino iracheno costretto dalla distrofia muscolare a vivere in carrozzina, arrivato con i genitori e tre fratellini più piccoli a Bolzano perché rifiutato dalla Svezia: «In particolare a Trento città, ci sono alcune decine di profughi che non sono accolti da nessuno e che vivono in condizioni disumane in ricoveri di fortuna, perché non rientrano nei casi di accoglienza previsti. Si va verso la stagione fredda. Dobbiamo aspettare una tragedia come quella avvenuta a Bolzano anche qui perché si scuotano le coscienze e le istituzioni?»
I giovani migranti di Trento hanno manifestato il proprio disagio tra agosto e settembre con una civile protesta davanti al Comune. Per qualcuno di loro le porte del Cinformi si sono aperti, ma la maggior parte, persone provenienti dall'Africa subsahariana oppure da alcuni Paesi del Medio Oriente, continuano a vivere all'aperto. Ormai da due mesi questi profughi sono privi di assistenza pubblica, costretti a dormire all'addiaccio, spesso nelle aree verdi cittadine, ed a ricorrere alla Caritas diocesana e ad altri enti benefici della città per l'accesso a servizi igienici, per i pasti e per i beni di prima necessità.
Ogni mattina, tra le 6 e le 7, vengono svegliati e allontanati dalle forze dell'ordine, e sono costretti a vagare per la città senza una meta fino a pranzo, quando si ritrovano al Punto d'Incontro oppure alla mensa dei poveri dei frati cappuccini. «Abbiamo freddo - ci avevano detto qualche giorno fa durante una delle proteste - e non abbiamo servizi igienici di nessun tipo: siamo prigionieri della burocrazia e non riusciamo a portare i documenti necessari per la nostra richiesta di asilo».