Oncologia trentina in rosa
Il futuro dell’oncologia medica è rosa. Sono sempre più le donne che studiano medicina e scelgono di specializzarsi nella cura dei tumori. Trento ne è l’esempio. Attualmente su dodici medici in servizio (compreso il primario), ben nove sono donne. Ci sono le dottoresse «storiche», come Antonella Ferro e Sonia Brugnara, ma anche le nuove leve arrivate a fine 2015, come Chiara Trentin, Francesca Maines, Rita Pagone e Mimma Rizzo. Un team motivato e giovane considerato che solo quattro membri dell’equipe sono over 40. «C’è entusiasmo, umanità, voglia di fare ricerca», spiega il primario Orazio Caffo, orgoglioso del fatto che due dottoresse del gruppo facciano parte anche di Women for Oncology, la rete a sostegno delle donne oncologhe italiane che ha come obiettivo quello di sostenere la carriera della donna-medico in oncologia, fornendo strumenti utili a superare le difficoltà professionali e personali legate al genere femminile.
Medico di riferimento.
Il mandato forte che il primario di oncologia Caffo aveva ricevuto dal direttore dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon al momento della nomina avvenuta esattamente un anno fa, era stato quello di introdurre il medico di riferimento, ossia assegnare ad ogni paziente un medico che potesse seguirlo durante i vari accessi al reparto.
«Attualmente siamo in una fase transitoria con circa il 60-70% dei pazienti visti sempre dallo stesso medico. Stiamo creando le agende separate e nel giro di un mese dovremmo essere a regime con tutti i pazienti». L’assegnazione avverrà in automatico con la prima visita. Ovviamente poi ci saranno aggiustamenti in base alla specializzazione di ogni medico e al carico di lavoro. «Le criticità - ammette Caffo - sono legate al fatto che i medici devono recarsi anche a Cles e Rovereto, che c’è il reparto di degenza e non ci può essere un’esclusività totale. In ogni caso, nei limiti del possibile, sarà così».
I numeri e il personale.
Con una cinquantina di accessi al giorno al day hospital, soprattutto con un sistema rigido che prevede l’assegnazione del paziente ad un medico, il direttore dell’unità operativa ha già previsto che servirà sicuramente più personale. «Servirebbe soprattutto un medico dedicato agli accessi non programmati. Un mio obiettivo è poi di aumentare i tempi di relazione. Con un aumento di organico sarà possibile portare la prima visita da 40 minuti a un’ora e l’accesso al day hospital da 20 minuti a 30».
Sostegno durante la malattia.
Dopo una diagnosi di tumore non ci sono solo le cure, ma nel reparto di oncologia si cerca anche di proporre iniziative per migliorare il vissuto del paziente nella fase della malattia. A breve sarà attivata la Pet Therapy. «Stiamo completando le procedure per portare i cani nella zona del day-hospital, dove vorrei anche cambiare la sala d’aspetto creando piccoli ambienti nei quali si possano fare delle attività durante l’attesa».
Novità sanitarie.
Le cure spesso portano benefici, ma non sono prive di conseguenze. E proprio sul prevenire gli effetti collaterali sono concentrate alcune iniziative. Particolare attenzione, ad esempio, viene prestata alla salute dell’osso dei pazienti con tumore alla mammella o alla prostata che, in seguito alle cure, sono esposti a rischio di osteoporosi. Per limitare i danni provocati dalle terapie ormonali è in fase di sviluppo un progetto per effettuare uno screening iniziale con l’aiuto del reumatologo. Inoltre, per le donne che con le cure rischiano di non essere più fertili, l’equipe di oncologia ha messo in cantiere - in collaborazione con Centro di Pma di Arco - un progetto per la conservazione degli ovuli per poter rispondere ad una esigenza molto sentita.
Rischio genetico.
A un numero crescente (finora circa un centinaio all’anno) di pazienti con tumori della mammella o dell’ovaio che presentano specifiche caratteristiche viene consigliata l’esecuzione del test genetico per le mutazioni BRCA1 e BRCA2. In presenza di queste mutazioni, esiste un rischio aumentato per l’insorgenza di altri tumori, non solo nei pazienti ma anche nei familiari e si possono mettere in atto delle misure profilattiche.
«In alcuni casi - conferma il primario - le donne hanno optato per una mastectomia bilaterale preventiva». Inoltre, sono già stati introdotti nella pratica clinica dei farmaci mirati per le pazienti con tumore ovarico portatrici di mutazione BRCA1 e BRCA2.<+filo_firma>