Spiava i conti dei vicini Ex bancaria a processo
Centinaia di accessi ai conti correnti bancari. Oltre quattrocento in nemmeno tre anni. Troppi - e secondo l’accusa immotivati - per potere essere giustificati con la normale attività svolta da un bancario. Per questo, una donna trentenne - ex dipendente di un istituto di credito - è finita nei guai per accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico: secondo l’accusa, approfittando della sua qualità di operatore di sistema, avrebbe infatti «spiato» i conti correnti dei vicini di casa.
La donna è difesa dall’avvocato Alessandro Baracetti e l’udienza di ieri è stata rinviata per valutare se sia percorribile la strada di un risarcimento alla coppia, che si è costituita parte civile.
La vicenda, finita davanti al giudice Giovanni De Donato, si inserisce in un quadro di rapporti di vicinato burrascosi. I fatti sono successi in Primiero, tra il 2010 e il 2012, quando l’imputata lavorava (il contratto poi non le venne rinnovato) per la banca di cui erano clienti anche marito e moglie che hanno sporto denuncia. I rapporti con la donna, come detto, non erano sereni. I coniugi e l’imputata, nel 2010, erano diventati vicini di casa, ma la situazione si sarebbe fatti via via più aspra, fino a sfociare in una prima denuncia per diffamazione e stalking da parte della coppia.
Come spesso succede ad innescare le tensioni non sarebbero stati inizialmente episodi «gravi». I contrasti sarebbero stati legati a banali discussioni: presunti disturbi arrecati dalla donna piuttosto che all’uso degli spazi comuni. Sta di fatto che la situazione era ormai compromessa, come attestano anche le precedenti querele. L’imputata era stata accusata dai vicini anche di avere superato il limite, con insulti via Facebook e veri e propri atteggiamenti persecutori, ma il giudice, nel 2016 - all’esito delle verifiche svolte dalla magistratura - aveva archiviato la denuncia.
Ma è proprio dagli atti di indagini relativi a quel procedimento penale che sono emersi anche gli accessi effettuati dalla bancaria sui conti correnti della coppia. La donna, secondo l’accusa, aveva infatti «sbirciato» entrate ed uscite per un numero di volte «spropositato», come indica il capo di imputazione. In meno di tre anni l’impiegata avrebbe infatti controllato per ben 430 volte i conti correnti di marito e moglie. Accessi che per l’accusa non erano dunque giustificati da una normale attività bancaria.
Proprio alla luce delle tensioni in atto con la vicina i coniugi, che appunto erano clienti della banca, avevano anche fatto «oscurare» altri conti correnti, temendo che la donna potesse curiosare. Ma quelli utilizzati per gestire la gestione familiari di tutti i giorni erano rimasti visibili. L’imputata - sempre secondo l’accusa - avrebbe fatto incursioni sia sui conti correnti chiusi, che su quelli utilizzati abitualmente dalla coppia, senza averne alcun motivo. La coppia, infatti - secondo quanto ricostruito dagli inquirenti - in quei mesi non si era mai recata presso le filiali dell’istituto di credito per svolgere operazioni. Dunque, l’imputata non avrebbe avuto alcun motivo per accedere ai conti.
Ma perché spiare i conti correnti? La donna avrebbe maturato una sorta di ossessione verso la coppia, secondo la difesa, legata proprio ai contenziosi sorti nei rapporti condominiali, ma non avrebbe mai fatto alcun uso di quelle informazioni. Ora resta da capire se le parti possano trovare un accordo sul fronte risarcitorio.