Insulti a Moltrer, condanna Conferma con lieve sconto a Rizzi
Erano diffamatori i pesanti commenti e gli insulti postati su Facebook dal segretario del Partito animalista europeo, Enrico Rizzi all'indomani della morte del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer, stroncato da un infarto il 17 novembre 2014 durante una battuta di caccia. Lo ha stabilito la Corte d'appello di Trento che ieri ha confermato la condanna inflitta in primo grado a Rizzi riducendo però la pena. La sentenza per il leader animalista rimane pesante: 5.000 euro di multa per diffamazione (in primo grado erano stati inflitti 2 mesi di reclusione). È stato confermato invece il consistente risarcimento riconosciuto alla famiglia Moltrer - moglie, figli, sorella e madre di Diego Moltrer, anche ieri presenti in aula, erano rappresentati dall'avvocato Alessio Eccher - in totale 34 mila euro più spese di giudizio che in secondo grado sono lievitate.
Pesanti e irricevibili erano le frasi per cui Rizzi era stato chiamato a rispondere di diffamazione. «Infame, adesso sai cosa vuol dire morire...», uno dei post comparsi, con tanto di «emoticon» sorridente.
I feroci termini utilizzati nei confronti del consigliere regionale scomparso - definito «assassino, infame e vigliacco» - e la felicità espressa per la sua morte, avevano scatenato reazioni indignate. Il post, però, non era stato rimosso, non erano arrivate scuse e, anzi, l'attacco a Moltrer era stato ripetuto anche alla radio. Di fronte a quelle parole, ritenute lesive del decoro e della dignità del consigliere, anche la Regione aveva deciso di sporgere querela e la famiglia di Moltrer aveva fatto lo stesso. Ma la procura era arrivata alla conclusione che quelle affermazioni, benché pesanti, rientrassero nel diritto di critica e non fossero diffamatorie nei confronti di Moltrer (diversa la posizione della procura generale che ieri ha chiesto la conferma della condanna). Da qui l'iniziale richiesta di archiviazione, alla quale la famiglia si era opposta.
Il Tribunale, accogliendo la richiesta della parte civile, aveva però ordinato l'imputazione coatta per Rizzi, che era stato quindi raggiunto da un decreto penale di condanna da 700 euro. Ma l'esponente animalista aveva presentato opposizione, deciso a difendersi nel processo da un'accusa che ritiene infondata. Ieri l'avvocato difensore Alessio Cugini del Foro di Roma ha ribadito che quelle parole rientravano nel diritto di critica ad un cacciatore e politico che si era espresso contro il progetto Life Ursus e per l'abbattimento di Daniza. Di parere opposto la parte civile e il pg Giuseppe De Benedetto, convinti che invece quel confine fosse stato di gran lunga superato. Una tesi condivisa anche dalla corte (presidente il giudice Luciano Spina). Il processo di ieri potrebbe non essere l'ultimo di questo procedimento penale. Su facebook Rizzi martedì aveva annunciato che in caso di condanna avrebbe fatto ricorso per Cassazione.