Il ministro Costa: il bracconaggio diventi un reato penale
Il bracconaggio è un reato «odioso» che andrebbe «inserito nel codice penale», entrando a «far parte dei reati contro l’ambiente».
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa non fa sconti e, parlando della volontà di fare un «tagliando» alla legge sugli ecoreati, conferma la sua linea sul tema, intervenendo alla presentazione del nuovo rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente; una fotografia dell’illegalità ambientale del nostro Paese da cui emerge che nel 2017 gli illeciti sono stati quasi 31 mila (30.692), in aumento del 18,6% rispetto all’anno precedente.
E il senso del messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella punta alla difesa dell’ambiente per salvaguardare il futuro: «Lo sfruttamento dei beni comuni, lo squilibrio, l’inquinamento sono veri e propri delitti compiuti contro le generazioni di domani, e costituiscono nell’oggi una violenza che comprime i diritti della persona. Il domani eco-sostenibile, con una affermazione piena della legalità, è una grande impresa civile. Laddove si attiva un circolo virtuoso di recupero, là vengono avversate e sconfitte le mafie».
Quello di Legambiente è uno spaccato dei veleni che inquinano l’Italia al ritmo di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora: l’affaire ecomafia riesce a far segnare un fatturato da 14,1 miliardi, in crescita del 9,4%, soprattutto grazie a illegalità nei rifiuti, nelle filiere agroalimentari (37 mila reati; oltre un miliardo il valore dei sequestri) e nel racket animale. Nell’anno passato viene registrato anche il record arresti per crimini contro l’ambiente e di inchieste sui traffici illegali di rifiuti. In testa per numero di reati si conferma la Campania (4.382, il 14,6% del totale); seguono Sicilia (3.178), Puglia (3.119), Calabria (2.809) e Lazio (2.684).
In generale il 44% degli eco-crimini sono concentrati nelle Regioni a tradizionale presenza mafiosa. Il settore dei rifiuti detiene la percentuale più alta di illeciti (24%): le tonnellate di rifiuti sequestrate nell’ultimo anno e mezzo (1 gennaio 2017 - 31 maggio 2018) sono state più di 4,5 milioni, pari a una fila di 181.287 camion per 2.500 chilometri. I clan censiti da Legambiente che si spartiscono la torta criminale sono 331. Preoccupano l’abusivismo edilizio (la media delle infrazioni è di 10,7 al giorno, 17 mila sono le nuove costruzioni illegali) e gli incendi, inclusi quelli ai siti di stoccaggio per i quali Costa rilancia la volontà di inserirli nel Piano di monitoraggio delle prefetture dedicato alle aree sensibili. Proprio sulla lotta agli incendi e sulle demolizioni si concentra invece la vicepresidente di Liberi e Uguali Rossella Muroni che, attraverso una proposta di legge per la semplificazione degli abbattimenti e il ripristino dei luoghi, ne chiede «una nuova stagione».
Secondo Legambiente il «nemico pubblico numero uno» è la «corruzione» per via «dell’alto valore economico dei progetti in ballo e dell’ampio margine di discrezionalità» degli «amministratori». Infine, sul punto, il ministro dell’Ambiente auspica una «sburocratizzazione» ed è su questo che ha già messo in piedi un gruppo di lavoro per settembre. Ma non solo: ritiene sia necessario un «daspo ambientale» per chi inquina, e nel percorso di «tagliando» della legge sugli ecoreati di «un Fondo unico di garanzia ambientale». Per il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, è necessario oltre a una serie di proposte (come la «formazione» per gli operatori) «completare la rivoluzione avviata con la legge sugli ecoreati e affidare allo Stato la competenza sulle demolizioni».