Stop alla caccia libera
Tre giorni di tempo per decidere che tipo di caccia praticare. Entro il 16 agosto le doppiette trentine dovranno scegliere tra l’appostamento e la forma vagante, come nel resto d’Italia. Una «rivoluzione» che crea inevitabilmente malumori tra i seimila iscritti all’Associazione cacciatori del Trentino. Non solo: c’è anche una parte amministrativa urgente - con lo smistamento delle «preferenze» - da sbrigare prima del via alla stagione venatoria.
Ciò che i cacciatori trentini temevano, da ieri dunque è diventato un obbligo. L’imposizione della scelta tra le due modalità di caccia è stata introdotta con una modifica nelle Prescrizioni tecniche per la stagione venatoria 2018-2019. La decisione è stata presa dal Comitato faunistico provinciale, alla presenza dell’assessore provinciale Michele Dallapiccola: ieri è stata approvata un’integrazione che sancisce l’obbligo della scelta, in esecuzione dell’ordinanza del Tar dello scorso 31 luglio.
Nubi all’orizzonte, dunque, in vista del via ufficiale della stagione, il 16 agosto, con la caccia al camoscio. Le doppiette trentine incassano, mentre gli ambientalisti che si erano appellati al Tar vincono la loro prima battaglia.
La Provincia si sta muovendo per ottenere l’annullamento dell’ordinanza dal Consiglio di Stato, mentre è aperto il fronte della Consulta per affrontare la «questione di legittimità costituzionale» sollevata dai giudici amministrativi.
IL RICORSO DEGLI AMBIENTALISTI
È dello scorso 31 luglio l’ordinanza del Tar che rimette alla Corte Costituzionale il giudizio sulla legittimità costituzionale della possibilità in provincia di Trento di esercitare cumulativamente le due modalità di esercizio della caccia. I giudici amministrativi, accogliendo la domanda cautelare presentata da Pan-Eppaa, Lupi, Wwf, Legambiente (assistiti dall’avvocato Francesco Saverio Dalba) e del consigliere provinciale M5S Filippo Degasperi, hanno sospeso la delibera del Comitato faunistico provinciale numero 711 del 23 aprile 2018 con le prescrizioni tecniche per l’esercizio della caccia nella stagione 2018/2019 nella parte in cui consente di esercitare sia la caccia vagante che quella da appostamento. Il Tar si riunirà per la discussione nel merito dopo la pronuncia della Corte Costituzionale.
I TEMPI DELLA GIUSTIZIA
Una risposta dalla Consulta non è prevista in tempi brevi, e comunque non entro l’anno solare. Ma c’è un secondo - e più veloce - fronte aperto davanti al Consiglio di Stato. La giunta provinciale, con una delibera dello scorso 10 agosto, ha deciso di impugnare l’ordinanza del Tar affidandosi agli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per ottenere l’annullamento della sospensiva e dunque per «cancellare» l’obbligo di scelta della modalità di caccia. «Qualora il ricorso venisse accolto - evidenzia in una nota la Provincia - la norma approvata dal Comitato faunistico che impone ai cacciatori la scelta fra l’una o l’altra modalità verrebbe a perdere l’efficacia. Il pronunciamento è atteso con ogni probabilità per la fine di settembre».
IL VIA ALLA CACCIA
In attesa in prima battuta del Consiglio di Stato e, in merito alla legittimità costituzionale, della decisione della Consulta, il Comitato faunistico provinciale ha dato esecuzione all’ordinanza del Tar andando a modificare le Prescrizioni tecniche per l’esercizio della caccia per la stagione venatoria. La riunione si è tenuta ieri, a tre giorni da via alla caccia al camoscio. Non secondaria diventa anche la questione del versamento della quota: se fino allo scorso anno l’importo unico consentiva l’esercizio di entrambe le modalità, da oggi - senza diversificazioni di quota - tutti i cacciatori, sia coloro che preferiscono l’appostamento, sia chi pratica la forma vagante, risultano penalizzati.