Ozono fuori legge al parco S. Chiara Limiti superati per 38 giorni nel 2018
Certo, Trento non è ai livelli di Brescia, Monza e Lodi. Ma anche da queste parti tira una brutta aria e la necessità di ripensare i modelli della mobilità urbana per ridurre gli inquinanti è un'evidenza. I valori di ozono sono fuori legge. Chiamati in causa sono i cittadini, con le loro scelte quotidiane, ma prima ancora i decisori politici.
Lo ricorda il circolo di Trento di Legambiente, che prende a riferimento il dossier annuale dell'associazione «Mal'aria di città 2019», appena pubblicato, che ha messo in luce la cattiva qualità dell'aria negli ambienti urbani. Nel 2018 sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l'ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l'ozono) in ben 55 capoluoghi di provincia. «Trento» annota il circolo di Legambiente «ha superato il limite di legge per 38 giorni nella centralina del Parco Santa Chiara (il Decreto 155/2010 consente al massimo 25 giorni di superamento) per le concentrazioni di ozono».
Cosa significa? Legambiente cita l'Ispra (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale): «Se l'ozono è utile nella stratosfera filtrando i raggi ultravioletti, l'ozono nella troposfera (l'atmosfera dove noi viviamo) è, dopo il particolato, l'inquinante atmosferico che, per tossicità e per i livelli di concentrazione che possono essere raggiunti, incide maggiormente sulla salute umana». L'ozono al suolo è dovuto a inquinamento antropico, derivando principalmente dagli ossidi d'azoto (NOx) e dalle sostanze organiche volatili (Cov) mediante complessi processi fotochimici (anche ad una certa distanza dalle fonti di inquinamento). Legambiente evidenzia il fatto che «il superamento dei limiti in una centralina all'interno di un parco pubblico fa capire come l'inquinamento dell'aria sia un fenomeno diffuso e non limitato alle zone ritenute più critiche». Le cause? «Gli ossidi di azoto sono un sottoprodotto di tutte le combustioni, e possono derivare da centrali termoelettriche o da grandi impianti industriali, ma, nel caso di Trento» denuncia Legambiente «derivano in maggioranza dal traffico su strada. In particolare i motori diesel (anche quelli più moderni, gli Euro 6) emettono grandi quantità di questi inquinanti».
Che fare, allora? Legambiente fa riferimento all'Eea, l'Agenzia europea per l'ambiente: «Serve una trasformazione radicale della nostra mobilità perché non possiamo attenderci dai limiti emissivi degli Euro 6 una significativa riduzione degli inquinanti a rischio sanitario e, ancor meno, una riduzione della CO2: l'automobile ibrida ed elettrica (o fuel cell) sono un percorso obbligato, ma non sufficiente».
Legambiente, citando il Pum, Piano urbano della mobilità di Trento del 2010, segnala che «ha raggiunto risultati molto modesti, sia per la prudenza nelle strategie proposte, sia per non essere stato realmente implementato (zero metri di corsie preferenziali da allora). La quota di spostamenti su auto privata a Trento è molto sopra il 50%, obiettivo previsto per il 2025 dalla legge provinciale per la mobilità sostenibile e già raggiunto a Bolzano». Più d'una le proposte concrete. La prima: progettare e realizzare al più presto un «Piano urbano della mobilità sostenibile» (Pums), «ad esempio una rete di corsie preferenziali, eventualmente da trasformare in una infrastruttura di tipo tranviario, che, volendo, sarebbe di veloce realizzazione».
E poi, sulla base dei risultati del progetto BrennerLec, ridurre il traffico sull'autostrada A22 «tramite politiche che favoriscano il passaggi al trasporto pubblico, e non realizzare nuove infrastrutture (il riferimento è alla Valdastico nord) che incrementino il trasporto su strada per proteggere la salute dei cittadini di tutta la valle dell'Adige». Positivo, per Legambiente, il limite di velocità di 100 km/h in autostrada, che porta a ridurre le emissioni inquinanti di circa il 35%, come evidenziato dal BrennerLec.