Inguaiata dal gps solo perché trova pc rubato: processata

Il gps non mente e, come succede per le briciole lasciate da Pollicino, ha portato le forze dell'ordine dritte al luogo in cui si trovava il computer. Un pc Apple che era stato rubato a Trento e che era nei pressi dell'abitazione di una donna. A consegnare l'apparecchio elettronico ai militari è stata lei stessa: un gesto che le è valso un'imputazione per ricettazione. Ma ieri mattina la donna, che ha spiegato di avere solo visto dove veniva messo il computer, è stata assolta.

La vicenda è successa in un sobborgo di Trento nell'agosto 2017. A dare il via al procedimento il furto di un computer, che era stato asportato dal caravan del suo proprietario. Un pc del valore di 900 euro, di cui era stato denunciato il furto. Come ormai accade per tablet e cellulari, anche su quell'apparecchio della Apple era stato attivato il localizzatore e così i carabinieri hanno potuto trovare il luogo in cui si trovava nel giro di poche ore.

Quando i militari arrivano all'indirizzo indicato dal gps, è l'imputata a consegnare loro quel personal computer, trovato dietro al bidone delle immondizie della palazzina Itea in cui vive. Da quel momento, per la donna, cominciano i guai, perché si ritrova accusata di ricettazione: per l'accusa, infatti, «al fine di procurarsi un ingiusto profitto, acquistava o riceveva, con la consapevolezza della sua provenienza da delitto, il personal computer» che era stato rubato. Un'accusa che l'imputata, assistita dall'avvocato Giuliano Valer, ha però respinto con forza.

Ma perché mai, allora, era stata lei a consegnare il computer alle forze dell'ordine. La donna, come ha confermato in aula il marito, ha spiegato che la sera precedente erano stati attirati dagli schiamazzi di un gruppo di ragazzini.

Proprio uscendo per vedere cosa stava accadendo la donna aveva notato che armeggiavano con il pc.

In quella circostanza, inoltre, aveva visto che il pc veniva posto dietro i bidoni dell'immondizia.

Solo quando i carabinieri si sono presentati a casa sua, dunque, avrebbe realizzato che si trattava di un apparecchio rubato e, ricordando di averlo visto, lo aveva quindi preso per consegnarlo ai militari.

Ieri il processo a suo carico si è concluso con l'assoluzione.

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