Lo zoologo Boitani: «se lo rinchiudi ovvio che l'orso prova a scappare. Dovremmo temere di più i cani»

«Il ripopolamento degli orsi che è stato fatto in Trentino è stata una operazione coraggiosa e ben fatta. Tanto è vero che si è arrivati ad una popolazione di 50-60 esemplari. I problemi che si sono avuti con gli umani e le loro attività sono stati marginali. Sessanta cani avrebbero dato molti più più problemi. Se un orso dà uno schiaffo a una persona che si è avvicinata troppo, non è uno sbaglio di chi ha fatto il ripopolamento: è un episodio di normale coesistenza fra umani e animali selvatici». Così il professor Luigi Boitani, docente di Zoologia all’Università La sapienza di Roma, commenta la vicenda dell’orso M49 in Trentino.

«Un maschio di orso grosso, maturo e vivace, che è sempre vissuto in libertà, se viene messo in un recinto, il minimo che può fare è scappare - spiega Boitani -. Il recinto elettrificato dà la scossa all’animale, ma è solo una scossa per allontanarlo.
Se l’animale vuole davvero scappare, non viene fermato dall’elettricità».

Secondo il docente, nella vicenda «l’errore umano può essere stato non aver fatto una dissuasione corretta nei confronti dell’animale. Gli animali vanno allontanati se si avvicinano all’abitato. Non so se i tecnici della Provincia di Trento, che sono preparati, abbiano potuto farlo».

Per Boitani, c’è differenza nel comportamento fra gli orsi d’Abruzzo e quelli del Trentino. Quelli abruzzesi non hanno mai aggredito nessuno, perchè nei secoli sono stati sistematicamente abbattuti tutti gli esemplari più aggressivi e confidenti, e quelli rimasti sono geneticamente molto timorosi. Quelli trentini invece vengono dalla Slovenia, e hanno meno paura dell’uomo.

«Mi fanno molta più paura i rotweiler - conclude il docente -. Ogni anno diverse persone (anche bambini) vengono uccise dai cani. Eppure nessuno dice che bisogna eliminarli. Se orsi e lupi creano qualche problema, subito si chiede di abbatterli».

Ma la sua posizione non è la sola: «L’orso non è un animale innocuo. Ma gli incidenti sono davvero pochi. Bisognerebbe guardare le statistiche. Si muore per altre cose. Ma purtroppo la gente è influenzata dalle notizie sensazionalistiche che girano su internet, in genere false». Roberta Latini, biologa del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, commenta così la vicenda dell’orso M49.

Nel Parco nazionale vivono una cinquantina di orsi. Fino al ripopolamento in Trentino degli anni Novanta, erano gli unici esemplari in Italia. L’Ente ha una lunga esperienza nella gestione dei plantigradi. Non ci sono testimonianze di aggressioni a umani da parte degli orsi bruni marsicani. Gli abitanti sono abituati alla convivenza con questi predatori, e il Parco ha un meccanismo di rimborsi rapidi agli allevatori per i danni provocati.

«Riportare gli orsi in Trentino ha avuto un senso - spiega Latini -. È stato un arricchimento della biodiversità, e poi la Provincia ha solo accelerato un processo naturale, una migrazione che sarebbe avvenuta comunque dai Balcani. Il problema è che l’orso è un carnivoro e fa danni. E poi gli orsi di Slovenia e Croazia sono più aggressivi dei nostri. In Abruzzo c’è una buona accettazione di questi animali da parte della popolazione. Ma quando ci sono esemplari confidenti che mangiano i polli, anche da noi i conflitti nascono».

Prosegue intanto la caccia all’orso in fuga, anche se non è chiaro dove sia andato: M49 ha infatti avuto circa 2 ore di vantaggio fra il momento in cui è stato lasciato nel recinto e la scoperta della fuga (alle 5 di mattina). La ricerca avviene senza poter utilizzare il radio-collare in quanto l’apparecchio di localizzazione gli era stato tolto dopo la cattura (si sgancia con un dispositivo a radiocomando a distanza), nel momento in cui era stato rinchiuso nel Centro faunistico Casteller da dove poi è scappato. Lo conferma la Provincia di Trento. La ricerca del plantigrado prosegue dunque a cura del Corpo forestale con l’utilizzo di squadre con cani per la ricerca degli orsi.

Il presidente Fugatti questa mattina ha detto che i cani avrebbero fiutato le tracce verso la Vigolana, ma al momento pare che nessuna ipotesi sia scartata: il plantigrado della Rendena potrebbe essere alle porte delle frazioni di Trento, come nei territori di Vigolo Vattaro, o sulla Marzola il cui versante valsuganotto è particolarmente selvaggio ed adatto alla sua fuga.

Secondo quando fa sapere la Provincia, il plantigrado è stato in grado di superare la doppia recinzione elettrica (14 fili in totale) e la struttura di contenimento costituita da una barriera metallica alta quasi quattro metri. Ha superato inoltre due ulteriori recinzioni elettriche interne che lo dividevano dall’orsa DJ3, altro esemplare da tempo custodito nell’area faunistica. Le recinzioni elettrificate presenti nel recinto del Casteller - sottolineano i tecnici della Provincia - hanno una portata dai 6.000 agli 8.000 volt. Tutti particolari che non convincono il fronte animalista, in cui molti esponenti sono scettici sulla possibilità che un orso superi barriere a 8 mila Volt.

 

 

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