Vino annacquato venduto come aceto Colli Zugna, processo per la frode In 7 accusati di associazione a delinquere
Vino gonfiato per guadagnare di più ma alla fine confiscato dal tribunale e venduto per aceto a 60 mila euro. Non solo, la cantina Colli Zugna si è pure vista costretta a patteggiare per la frode 20.640 euro e chiudere così una dolorosa vicenda per tutto il mondo cooperativo vitivinicolo del Trentino.
Nel maxiprocesso per il «nettare degli dei» manipolato per ingordigia da pecunia - 93 imputati, per lo più piccoli soci conferitori - a palazzo di giustizia si sono tirate le fila. Il gruppone di viticoltori finiti nei guai, grazie all’udienza davanti al gup Riccardo Dies, è uscito con qualche ammaccattura ma le ossa metaforicamente ancora intatte: 80 contadini, tra piccoli e grandi, hanno scelto strade diverse per chiudere i conti ma evitando tutti il processo. In 40 hanno infatti optato per la messa alla prova (con mansioni che saranno decise dai servizi sociali) e altrettanti hanno patteggiato pene tra 1 e 2 mesi di reclusione (oltre alla più pesante dell’ex direttore Luciano Tranquillini che ha chiuso la vertenza con 1 anno 8 mesi) con la sospensione condizionale. Alla sbarra, dunque, sono invece finiti in 13: in sei seguiranno il rito abbreviato il prossimo 6 febbraio mentre sette imputati, diciamo così, di peso affronteranno il dibattimento il 20 marzo 2020.
Per quanto riguarda il risarcimento danni, a sorpresa c’è stata una sola costituzione di parte civile, il socio Rudy Gazzini che in aula ha spiegato di essere sempre stato all’oscuro di eventuali magheggi da parte della cantina Colli Zugna e quindi di sentirsi danneggiato.
Qualcuno, in verità, si aspettava una costituzione da parte della stessa cantina che, forse, si riserverà al termine della tenzone di intentare una causa civile alla vecchia amministrazione.
L’attenzione, però, adesso si concentra per forza sui sette che saranno processati a fine inverno: il presidente Paolo Saiani, il vice Francesco Moscatelli, la segretaria Paola Galvagni, il conferitore Mariano Secchi e i due esponenti di «Collis Veneto Wine Group» Ugo Postal e Valentino Girardelli. Per loro l’accusa è rinforzata dall’associazione a delinquere che, se dimostrata, porterà in carcere. Ma la scelta di affrontare il dibattimento sta proprio qui. La stessa procura, d’altro canto, conferma che si tratterebbe di associazione anche se il promotore non è mai stati individuato. Per questo la difesa avrà carte buone da giocare a processo, anche già pensando, in caso di condanna in due gradi di giudizio, ad un pronunciamento della cassazione.
Ad accelerare l’iter giudiziario, comunque, è stata la massima collaborazione dell’ex direttore Tranquillini con il pm Fabrizio De Angelis. Agli interrogatori ha confermato praticamente tutte le accuse formulate in sede di indagine e, come detto, alla fine si è chiamato fuori dal gioco patteggiando 20 mesi. La parola, fine, chiaramente, deve ancora essere scritta ma la vicenda adesso appare più chiara. Soprattutto appaiono più dettagliati certi tramacci che hanno portato a far scoppiare il bubbone nel gennaio 2018, quando i Nas sono entrati in cantina. Da lì è iniziata un’inchiesta per frode in commercio e violazione delle regole di protocolli Dop e Igt che ha scatenato un vero e proprio terremoto. Anche perché si agiva nel settore del vino, merce preziosa tra i monti del Trentino.
Per l’accusa, quando alcuni soci superavano la quantità di uva da conferire alla Colli Zugna anziché declassare quanto era già consegnato come previsto dai protocolli, il «supero» veniva registrato in modo irregolare. Un sistema, si contesta, per non penalizzare i contadini e avere più vino in cantina, ma anche una violazione dei disciplinari di qualità.
Quando la procura ci ha messo sopra le mani sono stati colpiti un numero enorme di soci. E tutto, come detto, è partito dall’ex direttore con le sue esternazioni dopo il licenziamento. Che, manco a dirlo, aveva fatto rumore. E che da sassolini tolti dalle scarpe è sfociato in faida tra soci con accuse reciproche a mezzo stampa. Troppo perché la procura non decidesse di buttarci un occhio. Anche perché tra gli sfottò e le critiche è pure venuta a galla la storia dell’acqua nelle botti, catalogata come vino per far tornare i conti. Una frode, insomma, per buona pace dei salutisti convinti. Che ha portato al sequestro di 7 milioni di litri di vino poi confiscati. In agosto, in verità, i nuovi vertici della Colli Zugna hanno chiesto alla procura di poter vendere la merce «taroccata» come aceto. Ma quei 60 mila euro ricavati dalla cessione del vino andato a male sono stati ovviamente incassati dallo Stato.