Consumo di antibiotici: i trentini ne abusano e la situazione è critica
La resistenza agli antibiotici rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica e in Italia è attivo un piano per la riduzione del consumo di antibiotici. Nel nostro Paese, la situazione è critica sia per quanto riguarda l’utilizzo di antibiotici, che continua ad essere superiore alla media europea, che per la diffusione di batteri resistenti, per la quale l’Italia detiene un preoccupante primato. Ad aggravare la situazione, nel nostro piccolo, è il fatto che la nostra Provincia è la regione settentrionale che fa registrare il maggiore consumo complessivo - ospedaliero e territoriale.
Proprio su questo argomento, mercoledì 15 gennaio, l’Azienda sanitaria ha organizzato un convegno sulla buona pratica clinica per il contrasto alle antibiotico resistenze. Destinatari sono medici di medicina generale e pediatri. Nel corso dell’incontro saranno fornite informazioni sul Piano nazionale di contrasto delle antimicrobico resistenze, verrano resi noti i dati sul monitoraggio dell’uso di antibiotici in Trentino e verrà fatto un focus sull’antimicrobico-resistenza in Trentino.
Si cercherà, in pratica, di capire come riuscire a ridurre ulteriormente le prescrizioni cercando di raggiungere risultati migliori in tema di appropriatezza.
Proprio nei giorni scorsi è stato pubblicato sul sito del Ministero della salute il Rapporto nazionale 2018 sull’uso degli antibiotici in Italia.
Lo scorso anno, comprensivo degli acquisti privati, il consumo è risultato pari a 21,4 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti (nel 2017 il consumo era pari a 20,9) e di queste l’85% delle dosi sono state erogate a carico del servizio sanitario nazionale. Circa il 90% del consumo di antibiotici a carico del servizio sanitario nazionale (16,1 ddd/1000 ab die) viene erogato in regime di assistenza convenzionata, confermando che gran parte dell’utilizzo degli antibiotici avviene a seguito della prescrizione del medico di medicina generale o del pediatra. Il consumo di antibiotici acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche ha rappresentato una parte minoritaria del consumo di antibiotici (1,9 ddd/1000 ab die). L’analisi per area geografica ha confermato un maggior consumo al Sud e nelle Isole (20,4) e al Centro (16,9), rispetto al Nord (12,7). Su base nazionale, l’analisi del profilo di utilizzo del farmaco per fascia d’età e genere ha confermato un maggior consumo di antibiotici nelle fasce di età estreme, con un livello più elevato nei primi quattro anni di vita (prevalenza d’uso 54,6% nei maschi e 52,0% nelle femmine) e dopo i 75 anni (prevalenza d’uso 50,7% negli uomini e 50,4% nelle donne fino ad arrivare a una prevalenza di 64,3% negli uomini e 58,1% nelle donne nella popolazione con età uguale o superiore agli 85 anni).
Preoccupante il dato sull’uso degli antibiotici per i bambini. Nel corso del 2018 il 40,8% della popolazione pediatrica (0-13 anni) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici e a ogni bambino trattato sono state prescritte in media 2,6 confezioni. Nel primo anno di vita, un bambino su due ha ricevuto, nel corso del 2018, almeno una prescrizione di antibiotici, senza significative differenze tra maschi e femmine. Questo valore si mantiene pressoché costante fino ai sei anni di età.
Per quanto riguarda l’andamento dei consumi degli antibiotici sistemici nel 2018 (convenzionata e acquisti strutture sanitarie pubbliche) divisi per regione, si nota che Trento (15,6) supera tutte le altre regioni e province del Nord e soprattutto Bolzano (11,2), ma anche il Veneto e Friuli (14,3) e Lombardia e Piemonte (15,1). Il Trentino si pone sopra la media del Nord (15), ma comunque sotto la media italiana (18).
Ma consumare meno antibiotici è possibile? Lo studio ha evidenziato che l’impiego inappropriato supera il 30% in tutte le condizioni cliniche studiate, a eccezione della bronchite acuta. In particolare, nel 2018 il 33,1% dei soggetti con diagnosi di affezioni virali delle prime vie respiratorie (influenza, raffreddore, laringotracheite acuta) ha ricevuto una prescrizione di antibiotico. L’uso inappropriato di fluorochinoloni, cefalosporine e macrolidi, per il trattamento della faringite o tonsillite acuta, è avvenuto nel 30,9% dei soggetti con queste diagnosi.