Da una vita ha la sclerosi multipla ma ora gli tolgono l'assegno: lui protesta davanti alla Regione
«I problemi sono cominciati a 9 anni ma lo Stato ha riconosciuto la sclerosi multipla quando ne avevo 27. Fino al dicembre 2019 mi davano 512 euro al mese per l’inabilità lavorativa totale, 292 euro per l’invalidità civile, i 357 euro dell’assegno unico provinciale e i 100 euro dell’assegno di cura. Da gennaio mi hanno tolto l’invalidità civile e l’assegno unico provinciale: dicono che io sia “in parte” abile al lavoro ma non ne trovano uno... E mi rimangono 600 euro al mese, ma con 600 euro, nelle mie condizioni, non si può vivere».
Così Maurizio Brunetta è uscito di casa ieri mattina per incatenarsi davanti al palazzo della Regione. Stava per farlo quando gli sono venuti incontro l’assessore provinciale Achille Spinelli - competente sulle politiche e gli interventi in materia di lavoro, ammortizzatori sociali e assegno unico - e la direttrice dell’Agenzia del lavoro Laura Pedron. «Cambieremo le nostre disposizioni amministrative con un atto di Giunta in modo che non si ripetano casi del genere», ha detto Spinelli. «Siccome ci vorranno due mesi - questi i tempi tecnici - cercheremo di anticipare l’assegno».
Il caso di Maurizio Brunetta è «molto particolare», prosegue l’assessore, «e non rientrava nelle ipotesi di lavoro. Difficile, del resto, prevedere tutto. Nell’adeguare le norme sul reddito di cittadinanza alle nostre regole sull’assegno unico provinciale si è creato qualche punto di scopertura. Ma non vogliamo fare torti a nessuno».
Maurizio Brunetta, milanese d’origine, ha 46 anni e vive a Trento da dodici. Ogni tanto un sorriso malinconico gli attraversa il viso. «Ho subìto un trapianto di ossa nel bacino e ho le protesi in tutte e due le gambe. Sono cieco da un occhio, il sinistro, e un’artrosi fulminante ha colpito gli arti superiori. Fino al 2011 camminavo, non perfettamente ma camminavo. E guidavo, anche».
Ora Maurizio è qui, sulla sedia a rotelle, e cerca le parole per raccontarsi. «Sono fortunato perché mio marito mi assiste ventiquattr’ore su ventiquattro», dice, «ma ce ne sono tanti nelle mie condizioni di salute che non hanno questa fortuna. Io sto combattendo anche per loro. Voglio aiutare i disabili».
Il marito tace, timidamente lo guarda. «Mi hanno tolto quei soldi», riprende Maurizio, «perché secondo la Provincia sono in parte abile al lavoro, nonostante sullo stesso verbale sia scritto: “invalido non deambulante con bisogno di assistenza continua”. Ma siccome hanno detto che “in parte” sono abile, gli ho risposto: allora datemi un lavoro. Ma ovviamente non riescono a trovarlo...».
Ogni mese Maurizio spende almeno 180 euro per i farmaci e 215 euro d’affitto (vive a Gardolo in una casa Itea). Poi ci sono il cibo, il telefono e tutto il resto. «Impossibile farcela con 600 euro. Non abbiamo neppure i soldi per mangiare, tra l’altro uno come me che ha la sclerosi multipla deve seguire un’alimentazione particolare, più costosa».
Il marito non prende un euro per l’assistenza «ma fa lo stesso: non chiediamo soldi per questo», insiste Maurizio, «chiediamo soltanto ciò che è giusto e che ci spetterebbe se abitassimo a Bolzano o a Verona o da qualsiasi altra parte in Italia. Solo in Trentino la normativa è stata interpretata in questo modo».
Maria Antonietta Panico è la direttrice provinciale di Caf e Patronato. «Quest’uomo ha subito un’ingiustizia», dice, «da molto tempo studiamo le carte». «Non ci dormo la notte», scrolla il capo Maurizio, «ma ora l’assessore Spinelli si è scusato, ha detto che non avevano capito il problema e che rimedieranno».