Oltre 4 milioni di risarcimento per le pattinatrici morte: è la richiesta delle parti civili
Nel tragico tamponamento dell’auto contro il camion morirono sul colpo due cugine di 9 e 17 anni, Gioia Virginia Casciani e Ginevra Barra Bajetto, promesse del pattinaggio artistico. La madre della ragazzina più grande (e zia di Gioia), Graziella Lorenzatti, si spense in ospedale un anno e mezzo dopo, per le conseguenze dell’incidente. Ora i familiari delle tre vittime chiedono un risarcimento danni di oltre 4 milioni di euro all’uomo che era alla guida del mezzo pesante.
L’alktro ieri il giudice Claudia Miori ha ammesso la costituzione di parte civile di 11 parenti, assistiti dagli avvocati Claudio Tasin e Karol Pescosta, e rinviato a giudizio l’autista del camion, un uomo di 62 anni di Medolla, in provincia di Modena. Sale dunque a due il numero degli imputati per il tragico schianto accaduto lungo l’A22 il 27 ottobre 2017: la donna che era alla guida dell’auto, Monica Lorenzatti, gemella di Graziella e mamma di Gioia Virginia Casciani, sta affrontando il processo con rito ordinario ed è attesa in aula nei prossimi giorni.
L’incidente avvenne all’altezza di Mattarello, lungo la corsia sud dell’Autobrennero. Sulla Ford Focus station wagon che si infilò sotto il camion che la precedeva viaggiavano due sorelle gemelle con le loro figlie. Stavano tornando a casa a Torino, dopo aver partecipato alla manifestazione di pattinaggio “Coppa dell’amicizia”, che si era disputata a Merano. Al volante dell’auto Monica Lorenzatti. La donna, che riportò gravissime ferite ma riuscì a riprendersi, ha sempre dichiarato un’unica versione dei fatti: non aveva visto il camion frenare. L’autista del mezzo pesante, che inizialmente giustificò la manovra per la presenza di un animale sulla carreggiata, poi cambiò versione e parlò di un malore. Dalle indagini della polizia stradale di Trento, emerse che il camion passò in pochi istanti da una velocità di oltre 90 chilometri orari a 7 chilometri orari.
Nel groviglio di lamiere persero la vita le due cuginette: quando arrivarono i soccorritori, per le ragazzine non c’era più nulla da fare. Gravissime le condizioni delle madri: ma se Monica Lorenzatti riuscì pian piano a riprendersi, le speranze di guarigione della sorella erano ridotte ad un lumicino. Graziella Lorenzatti morì nel giugno dello scorso anno, dopo mesi di sofferenza. Ad assisterla, giorno e notte in ospedale, c’è sempre stata l’anziana madre, nonna di Gioia Virginia e di Ginevra: anche lei si è costituita parte civile assieme al marito (ovvero il nonno materno), ad uno zio di secondo grado delle ragazzine. Parte civile anche la sorella di Gioia Virginia, due zii, due cugini e la nonna paterna, assistiti dall’avvocato Karol Pescosta. La richiesta supera i tre milioni di euro. A questo importo si aggiunge il milione e 200mila euro per il risarcimento dei danni morali e materiali subìti dai genitori di Gioia Virginia, il papà Antonio Casciani e la mamma Monica Lorenzatti, anche in qualità di zii di Ginevra e rispettivamente cognato e sorella di Graziella. Presente in aula l’avvocato Annelise Filz, in rappresentanza del papà di Ginevra Barra Bajetto e marito di Graziella Lorenzatti.
La richiesta di costituzione di parte civile, poi accolta dal gip, è stata bersaglio di un duro attacco da parte dell’avvocato Giulio Garuti, legale del conducente del camion. Il giudice Claudia Miori, a fronte della richiesta della pm Alessandra Liverani di non luogo a procedere, ha rinviato a giudizio il camionista. In precedenza era stato il giudice Enrico Borrelli a ordinare l’imputazione coatta del sessantaduenne modenese che guidava il mezzo pesante, respingendo la richiesta della procura di archiviazione. L’autista, dunque, andrà a giudizio con l’accusa di omicidio stradale e lesioni aggravate in concorso: la discussione si terrà a novembre. Nella consulenza affidata all’ingegner Fabio Boscolo e depositata dall’avvocato Tasin, legale di Monica Lorenzatti, si puntò il dito contro la barra paraincastro del camion che pare fosse una barra portatarga. Dubbi anche sul funzionamento delle luci dello stop, che secondo la conducente dell’auto non si accesero. Monica Lorenzatti comparirà davanti al giudice in marzo per il dibattimento. Per il perito nominato con incidente probatorio guidò con «imprudenza e negligenza». La donna non si sottrae al confronto in aula. «Non pretendo l’assoluzione, cerco la verità. Lo devo a mia figlia» ha sempre detto al suo legale. L’altro ieri ha ribadito agli avvocati di essere fiduciosa.
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