Virus: medico in prima linea niente fondi per la "specialità" e si sente preso in giro
Tra i molti medici in prima linea contro il Covid19 c'è anche chi si esaspera a fronte di un provvedimento del governo, il "Cura Italia", che non ha pensato a fondi per borse di specializzazione aggiuntive. E' il caso di un medico impegnato al pronto soccorso di Rovereto che non è riuscito a entrare in una scuola di specialità e si sente preso in giro.
"Sono uno dei tanti camici grigi, ossia medico che non è riuscito ad entrare in una scuola di specialità con il concorsone, uno dei tanti in prima linea in questa emergenza COVID19, sia in pronto soccorso a Rovereto che sui mezzi 118 nel veronese come medico del servizio di emergenza territoriale" raconta il medico Alberto Scimemi.
"Per l’ennesima volta - spiega il dottor Scimemi - siamo stati presi in giro, ho visto che nel decreto del governo non si è pensato di stanziare fondi per borse di specializzazione aggiuntive, e proprio in questa emergenza si è palesata la carenza di SPECIALISTI, non MEDICI, ma SPECIALISTI...ossia di coloro che dopo un'adeguata formazione post laurea conseguono tale titolo...cosa dobbiamo fare per farvela capire? Fermarci? Se stiamo a casa noi salta tutto... chiediamo solo di poterci specializzare per offrire il massimo agli utenti...cosa dobbiamo fare? scappare all’estero pure noi? è ora di riformare la formazione post laurea per noi medici... dovete trovare una soluzione, che siano teaching hospital, che sia aumento delle borse nazionali o regionali... il modello Sardegna insegna...hanno aumentato del 600% le borse regionali...vogliamo lavorare...lavorare bene... vogliamo specializzarci...non siamo eroi...siamo medici che vogliono lavorare bene per dare il massimo ai nostri pazienti... la mia è la faccia di un medico senza specializzazione che si è fatto un turno in pronto soccorso in team covid19...e i segni penso parlano da soli".
Il decreto "Cura Italia" non parla delle scuole di specialità. Prevede invece la laurea subito abilitante in Medicina, "il che significa liberare immediatamente sul sistema sanitario l'energia di circa 10 mila medici e far fronte alla carenza" di camici bianchi, come ha spiegato il ministro dell'Università Gaetano Manfredi, illustrando l'importante novità contenuta nel decreto Cura Italia. E ancora: 50 milioni per sostenere gli atenei; massima flessibilità per la restituzione dei fondi agevolati concessi agli Enti di ricerca; 85 milioni per la didattica a distanza, ovvero per fornire alle famiglie dispositivi digitali e formare i docenti; oltre 43 milioni per pulizie straordinarie negli istituti scolastici e per comprare saponi e disinfettanti.
Le scuole, inoltre, potranno chiudere mettendo tutto il personale in smart working - finora le lezioni erano sospese ma le scuole non chiuse - svolgendo solo attività indifferibili; tutela dei supplenti. "Fronteggiare l'emergenza Coronavirus - ha detto il ministro Manfredi - significa dare risposte immediate ma con una visione che consenta all'Italia di guardare in prospettiva al medio-lungo periodo. Cogliamo questo momento di difficoltà per adeguarci per sempre e con positività anche alle esigenze di una società che cambia". Da qui, dunque, la volontà di rendere il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, da questo momento in poi, immediatamente abilitante per l'esercizio della professione di medico-chirurgo. Il decreto Cura Italia contiene numerose misure per la scuola e l'università che attraversano un difficile momento per la sospensione prolungata delle lezioni, finora fino al 3 aprile. Tra l'altro è stata prevista la proroga dell'anno accademico universitario al 15 giugno, per permettere agli studenti di laurearsi senza rinvio alla nuova sessione.