«Torneremo con gli amici Tutti per uno, uno per tutti»
Renzo Fracalossi racconta l’amicizia, l’odio e l’amore
Cos’è l’amicizia?
«Dio mio...».
Che sarà mai!
«Massì, in due minuti ce la caviamo...».
Gliene concediamo qualcuno in più.
«Gentili!».
...perché da lunedì si potrà tornare a visitare gli amici, mangiare con loro.
«Così pare».
Renzo Fracalossi racconta l’amicizia, l’odio e l’amore. La sua vita è il teatro; la sua vita sono i libri che raccontano di uomini e donne, vincitori e vinti, sommersi e salvati. La sua storia è un palcoscenico affollato di sorrisi e lacrime, abbracci e tradimenti. Fracalossi studia il passato mettendo sotto la lente d’ingrandimento eroi e villani e li offre all’uomo di oggi affinché sia l’artefice di un futuro migliore.
Insomma, Fracalossi, cos’è l’amicizia per lei?
«Nei giorni scorsi, per altre ragioni, mi sono soffermato su questi temi».
E...?
«L’amicizia è il cuore distintivo dell’umanità».
Lei crede?
«L’amicizia ci distingue da tutto il resto. I cani non sono amici tra loro... le piante idem... L’amicizia è propria dell’uomo ed è un sentimento talmente forte da superare, certe volte, perfino i legami di sangue».
Più forte dell’amore?
«Qualche volta. Sì. L’amore ha in sé una componente di passione che l’amicizia non ha, ma la passione va e viene, a ondate. L’amicizia, invece, quando cresce si salda. L’amore investe la sfera irrazionale, l’amicizia quella più razionale. Con l’amico ti confronti su tutto, discuti, litighi magari. E confrontandoti, migliori. Le coppie reggono meglio quando trovano il giusto equilibrio tra amore e amicizia, intesa come razionalità critica».
Lei ha molti amici?
«Alcuni da 50 anni e più».
Fantastico.
«Da quando ero un ragazzo».
Non è facile.
«E ci manchiamo l’un l’altro se non possiamo vederci per un po’».
Come negli ultimi due mesi.
«All’inizio mi mancavano molto, poi ci siamo organizzati con la telematica e pareva bello. Dopo, però, la telematica è diventata insufficiente. Addirittura fastidiosa».
Perché?
«Mi infastidisce parlare con un amico senza poterne vedere i gesti, le azioni».
I gesti nella vita reale.
«Proprio così».
È vero che vi trovate regolarmente, al solito posto?
«Vero. Siamo in cinque o sei».
Il posto?
«Il Pedavena. Il mio locus amoenus ».
Il luogo incantevole .
«Così lo intendo».
Come mai?
«Ha in sé la capacità di evocare il passato. Ed è un luogo interclassista, dove tutti hanno diritto a uno spazio. Il nostro è quasi un appuntamento quotidiano: chiacchieriamo del più e del meno, cose serie e altre meno».
Questi amici recitano con lei in teatro?
«Non tutti. C’è una coppia - lui e lei - che non recita, e oggi per me e mia moglie sono diventati un approdo familistico. Con loro c’è un legame più profondo, quasi, dei legami familiari».
Da molto tempo, con il Club Armonia, lei mette in scena l’odio.
«Ogni anno, da 15 anni, produco un lavoro nuovo per la Giornata della memoria».
Raccontate l’orrore della Shoah.
«Il teatro come strumento di conoscenza».
Perché rappresentare l’odio?
«È il luogo in cui la potenza dell’amicizia viene esaltata. Ho avuto la fortuna di raccogliere la testimonianza di alcuni sopravvissuti alla Shoah e costoro mi hanno colpito perché fanno riferimento alla saldezza delle amicizie create: saldezza che in quei momenti dette loro la forza per sopravvivere».
Per resistere.
«L’odio generava gli anticorpi».
Più facile mettere in scena l’amicizia o l’odio?
«Raccontare un sentimento è sempre difficile...».
Giusto.
«...ma in certi casi, forse, è più facile raccontare l’odio».
Perché più netto?
«Esatto, e percepibile in maniera più immediata».
Invece, Fracalossi, chi meglio di tutti ha raccontato l’amicizia?
«Mamma mia...».
Non è facile.
«Per nulla».
Pensi a un libro, un’opera teatrale: il primo nome che le viene in mente.
«Il primo...».
Sennò non vale.
«Alexandre Dumas».
Però!
« I tre moschettieri ».
Un grande romanzo.
«Mi affascina l’amicizia tra personaggi così diversi, dalle storie personali così diverse. E il loro celebre motto: tutti per uno, uno per tutti».
Il motto dell’amicizia per antonomasia.
«Credo di conoscerlo a memoria, quel libro».
Perché non lo mette in scena?
«Non ci penso neanche!».
Troppo complicato?
«Noi siamo dilettanti del teatro».
Dilettanti, ma molto bravi.
«Non ci penso lo stesso».