L'allarme degli organizzatori camp sportivi e colonie a rischio
Colonie, attività sportive, camp di ogni tipo per i ragazzi: è tutto a rischio. Ormai arrivati a fine maggio senza indicazioni sui protocolli di sicurezza e gli obblighi legati al coronavirus per poter aprire il rischio per gli enti organizzatori è di non avere il tempo materiale per attivarsi. Così sette di loro - Arcobaleno basket, Nuotatori trentini, Buonconsiglio Nuoto, Arca di Noé, Capoeira Arte, Sportivando e Pop up - hanno creato un tavolo di lavoro e racchiuso in una lettera alla Provincia i punti che il legislatore dovrà specificare nel creare le linee guida per la partenza di colonie e attività estive.
«Anzitutto serve un chiarimento - spiega Ivan Dorigatti di Sportivando - rispetto alle responsabilità. Statisticamente dobbiamo immaginare che dei casi di Covid ci saranno, quando accadrà cosa succederà, dovremo chiudere tutto? Ci saranno indennizzi da versare, come si determinerà dove si è realizzato il contagio?» Il tema della responsabilità degli enti gestori è uno di quelli che faranno decidere concretamente se aprire o meno quest'estate. Acccanto a quello del numero di operatori necessari, delle loro qualifiche e, di conseguenza, dei costi.
«Al momento è necessario un operatore titolato, ovvero con una laurea o diploma idonei all'insegnamento, ogni 25 ragazzi dai sei anni in su o uno per 75 bambini se il gruppo rimane unito con altri due operatori qualificati da un corso specifico - spiegano gli enti gestori - però si passa per le misure anti Covid ad un rapporto che necessità fra le 3 e le 4 volte in più di personale titolato. È uno scoglio insormontabile, stiamo parlando di numeri che nemmeno ci sono di professionisti con queste caratteristiche in Trentino. Se non cambia la norma, aprire sarà impossibile».
Il numero di operatori determina anche le spese considerando che più della metà del costo di una colonia è legato al personale, questi lievitano nel momento in cui si parla di triplicare o quadruplicare le persone. Altro punto messo in evidenza dalla lettera degli enti gestori è la richiesta, a fronte di determinate condizioni di sicurezza e protocolli, di considerare gli spazi delle colonie liberi da virus e quindi non vincolati in maniera stringente all'uso di mascherine e al distanziamento fisico.
«È questione di prendere atto che un gruppo di bambini non può giocare e fare attività ludiche stando sempre separato, con la mascherina addosso, senza sfiorarsi, per otto ore di fila - spiega Dorigatti - sarebbe una bugia raccontare che è possibile. Noi possiamo prevedere dei laboratori distanziati,dei protocolli di lavaggio mani ad ogni attività e una persona che, fissa, in maniera continua sanifichi gli spazi usati, il controllo della febbre all'entrata. Chiediamo che si consideri, a fronte di queste misure, la colonia un'area incontaminata che permetta di vivere con serenità il fatto inevitabile che il distanziamento fisico non verrà rispettato alla lettera dai bambini».